L’indignazione del Pontefice: «Basta sprechi e speculazioni»

Cinque punti, molte proteste e un indiscusso protagonista. Il vertice della Fao, dimezzato dalle assenze dei «ricchi» a Roma si è chiuso così: senza soldi, ma con un documento programmatico, con le proteste delle Ong e con il pontefice Benedetto XVI protagonista assoluto. Il Papa, davanti alla platea di capi di Stato e di governo, ha sottolineato duramente la vergogna di un mondo che di fronte alla fame non nasconde «opulenza e sprechi». Peccato che a sentirlo, fra i leader del G8, l'unico presente fosse il premier Silvio Berlusconi, «padrone di casa» impegnato a presiedere i lavori del summit. «Il numero delle persone che soffrono la fame sta subendo una drammatica crescita», ha ammonito Benedetto XVI, aggiungendo che questo accade nonostante la Terra sia in grado di «nutrire a sufficienza tutti i suoi abitanti».
Una circostanza che elimina le «attenuanti demografiche», dimostrando che non c'è una relazione di «causa effetto fra la crescita della popolazione e la fame», quanto piuttosto cause che vanno ricercate «nell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, nella diminuzione di disponibilità economica delle popolazioni più povere e nel limitato accesso al cibo». «Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori», ha concluso papa Benedetto XVI, ricordando che «la Chiesa non intende interferire nelle scelte politiche», ma che piuttosto «rispettosa del sapere e dei risultati delle scienze, come pure delle scelte determinate dalla ragione quando sono responsabilmente illuminate da valori autenticamente umani, si unisce allo sforzo per eliminare la fame».
E se per il direttore generale della Fao, Jacque Diouf, anche alla fine del summit ha ribadito che servirebbero 44 miliardi di dollari annui da garantire all'agricoltura, tutto ciò che ha ottenuto è stato un documento di cinque punti. Cinque principi chiave che possono essere sintetizzati così: investire in progetti messi a punto dai singoli Paesi, per canalizzare le risorse verso programmi delineati; rafforzamento del coordinamento a livello nazionale, regionale e globale per migliorare governance e destinazione delle risorse, evitando sovrapposizioni inutili; realizzazione di un approccio a «doppio binario», per ottenere la sicurezza alimentare, partendo da un'azione diretta per combattere la fame ma affiancandovi interventi a medio-lungo termine per eliminarne le cause; assicurare un ruolo forte del sistema multilaterale: infine, da parte dei Paesi donatori, garantire gli investimenti nell'agricoltura e nella sicurezza alimentare, mettendo a disposizione le risorse in modo tempestivo e puntuale sulla base di piani pluriennali, rispettando i «cruciali» impegni presi dai governi al vertice del G8 tenutosi all'Aquila.
Che i cosiddetti «Principi di Roma», come sono già stati battezzate le cinque linee guida contenute nel documento finale, dovessero essere accompagnati da una «indicazione finanziaria precisa», lo ha subito detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha fatto da sponda a Diouf, il primo a indicare una cifra precisa, che comunque ha specificato che la dichiarazione «è un passo avanti verso la completa eliminazione della fame».

Una posizione più morbida di quella espressa, prima di lui, dal leader libico Muammar Gheddafi, che aveva denunciato «le ipocrisie, le frodi e le contraddizioni» delle ex potenze coloniali, che hanno saccheggiato le risorse di interi continenti come l'Africa e l'Asia causando fame e disperazione. «Ora ci devono ricompensare - ha detto il colonnello prima di lasciare il vertice -. Non chiediamo un elemosina, ma rivendichiamo un nostro diritto».

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