«Il sentiero è stretto e nessuno ha la bacchetta magica». Confucio? Ovviamente no. È Matteo Colaninno, il virgulto del capitalismo ereditario made in Italy arruolato da Walter Veltroni per convincere gli elettori che a sinistra non sono più comunisti. E poi? Poi sparito, nonostante il prestigioso posto da capolista nel collegio Lombardia 1. Titoli, foto, tv per il primo e unico giorno di gloria. Ma si sa, a Veltroni piace luomo solo al comando. Che è lui. E le raccolte di figurine. Ecco, dunque, il buon Matteo finire nellalbum insieme alloperaio sopravvissuto della Thyssen e alla ragazza del call center. Anche se Colaninno jr la maggior parte del tempo deve passarla spiegando a tutti (nemici, ma soprattutto amici) che non è un figlio di papà. Che lui lesperienza in azienda se lè fatta. Magari da vicepresidente della Piaggio dove il padre non è propriamente uno addetto a tirar la lima. Caso mai il presidente.
Fa niente perché lui la ricetta ce lha e la spiega allUnità, il quotidiano che sulla testata dice ancora «fondato da Antonio Gramsci», pace allanima sua. «Dobbiamo aumentare il potere dacquisto dei ceti più deboli, agendo nello stesso tempo sulla produttività». Bravo. Come a dire più soldi agli operai, ma anche più soldi ai padroni. Vuol forse dire che gli altri no, ma lui la bacchetta magica ce lha? Il tutto, comunque, devessere sembrato geniale, tanto che il sito internet del Pd conserva gelosamente la formula. Forse per evitare di riportare altre frasi del celebre rampollo già noto per le gaffe.
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