L’INTERVENTO

Come previsto, non appena messo sul tavolo il piano Alitalia le critiche e le urla dei professionisti del no hanno riempito le agenzie. Cerchiamo di essere precisi e di capire bene cosa va e cosa non va.
È opportuno innanzitutto ricordare che un piano vero alternativo non c'è mai stato, perché Air France si presentò alla trattativa finale con il chiaro intento di andarsene, dato che le condizioni internazionali erano improvvisamente peggiorate (infatti ribaltò il tavolo subito). È opportuno inoltre ricordare che gli esuberi previsti dal «piano civetta» di Air France erano ben più dei 2100 che vengono spesso ricordati: quello era il numero degli esuberi diretti, ma chi cita quella cifra omette di segnalare che Air France avrebbe rilevato solo milleseicento degli ottomila lavoratori di AZ Servizi, lasciando in carico il rimanente a Fintecna che avrebbe svolto in pratica la funzione di «bad company» con inevitabile ricorso a quelle stesse mobilità che saranno necessarie adesso.
I sindacati dovrebbero ricordarsi bene questo dettaglio: affermare che gli esuberi del nuovo piano sono maggiori non risponde al vero. In ogni caso gli esuberi rimangono il tasto dolente: è evidente che dietro ogni rischio di perdita del lavoro c'è un dramma che va aiutato, ma è altrettanto evidente che la soluzione giusta non è nè l'assistenzialismo nè la corsia preferenziale. Un lavoratore dell'Alitalia merita rispetto ma non è giusto che abbia trattamenti di favore rispetto ad altri perché le difficoltà della Compagnia di bandiera non derivano da eventi sfortunati che possano ispirare solidarietà. Anzi, in condizioni normali e senza interventi e aiuti al limite del legale da parte dei vari governi del passato, tutti gli aerei sarebbero già stati a terra da anni, con responsabilità ripartite tra i manager (che dovrebbero rispondere degli errori commessi) e i lavoratori stessi che, con un'aggressività sindacale sconsiderata, hanno contribuito al rifiuto da parte del pubblico per Alitalia. In ogni caso, meglio per tutti se con una mobilità intelligente si minimizzerà il problema.
Detto questo, sono tre i punti forti del piano Alitalia che vanno evidenziati. 1) Il mantenimento totalmente italiano del controllo che, per un'infrastruttura chiave come il trasporto aereo, è un fattore da non sottovalutare, specialmente per una nazione a vocazione turistica come l'Italia che vede nelle altre nazioni, come la Francia e la Spagna, dei concorrenti, non dei benefattori. 2) La consapevolezza di eliminare il dualismo Linate - Malpensa, vero ostacolo ad uno sviluppo coerente del trasporto aereo, al contrario del falso problema Fiumicino - Malpensa che al contrario possono tranquillamente coesistere. 3) L'impegno almeno quinquennale dei partecipanti alla cordata: garanzia di un progetto sostenibile ed antidoto alle solite furberie: se dopo cinque anni l'Alitalia sarà una compagnia efficiente e profittevole, sì da dare a chi si impegna ora un profitto, tale utile eventuale potrà ben dirsi meritato.

Si tratta in ogni caso di un successo per Berlusconi che, sin da aprile, come potranno confermare i protagonisti della cordata, aveva già fra le mani la lista dei nomi e delle disponibilità abilmente trovate da Bruno Ermolli. È vero che siamo abituati male e naturalmente diffidenti, ma un po' di orgoglio italiano qualche volta non ci farebbe male.

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