L’intervento L’Ue è il trionfo dei burocrati

OSCURO Il Trattato di Lisbona è composto da 463 articoli che rimandano a ulteriori testi: è illeggibile

Con l’approvazione del Trattato di Lisbona, i burocrati di Bruxelles (quelli che, qualche tempo fa, hanno persino cercato di imporci che le banche possano finanziare l’acquisto della casa solo fino ad un massimo del 40 per cento del valore dell’immobile) conteranno ancora di più. L’Italia è travolta (e distratta) da un gossip da bordello, e pochi italiani lo sanno (anche perché noi - nel luglio dell’anno scorso - non siamo neanche stati chiamati a votare, ha fatto tutto il Parlamento). Ma è così, inesorabilmente.
La storia ci insegna che ogni burocrazia è vieppiù presa da deliri di onnipotenza, e che produce norme a raffica per giustificare sé stessa e i propri costi. Così è regolarmente capitato anche in Europa, con ridicole direttive che pretendono di regolare la nostra vita in ogni minuto particolare.
La storia ci insegna, anche, che ogni burocrazia tende a produrre regole sempre più complicate per giustificare la propria funzione interpretatrice e, anche, di semplice conoscenza delle stesse norme.
Il Trattato di Lisbona - che non si sottrae alla regola, ovviamente - si compone di 463 articoli, redatti con il metodo dei rinvii o delle modifiche a testi non riportati: è semplicemente illeggibile.
Il significato ultimo del Trattato è l’ulteriore omologazione dei singoli Paesi aderenti ad un unico modello centralizzato (nel quale la burocrazia europea sguazza). A partire dal 2017, le decisioni saranno prese - salve limitate, tassative eccezioni - a maggioranza qualificata: basterà l’approvazione del 55 per cento degli Stati, che rappresentino il 65 per cento della popolazione.
Come ha lucidamente spiegato Carlo Lottieri ancora l’anno scorso, s’inquadra in questa logica burocratico-accentratrice la stessa idea che il prossimo presidente della Commissione europea sia eletto (pur con trattati e costituzioni, ecco il paradosso, non votati dalla gente) dall’intero popolo europeo: un presidente eletto comporta - prima o poi - il declassamento dei singoli Stati a semplici regioni, spinge l’Europa a diventare uno Stato unificato, con proprie tasse.
Siamo - con questo - al dunque, alla chiusura del cerchio. Gli «imperi» oppressi dalle burocrazie (a principiare da quello romano) sono sempre stati travolti o dagli effetti dell’eccessiva tassazione o, addirittura, da rivolte fiscali (come ci ha insegnato Charles Adams nella sua celeberrima opera sull’influsso dell’imposizione fiscale nella storia dell’umanità, edita in Italia dall’editrice «Liberilibri»). E il Trattato di Lisbona porterà, con una più cogente unificazione, all’«armonizzazione» (cioè, fuori dal burocratese, all’eliminazione) dei diversi sistemi fiscali. La burocrazia europea sarà - così - riuscita ad eliminare il confronto fiscale, la possibilità di trasferirsi - persone ed aziende - là dove migliori servizi sono assicurati a minori costi.

Lo statalismo non incontrerà più limiti alla propria crescita. E la burocrazia di Bruxelles - già una delle più oppressive e costose del mondo - si sarà assicurata un altro po’ di sopravvivenza, a nostre spese.
*Presidente Confedilizia

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