L’INTERVISTA CRISTINA COMENCINI

A prima vista si fa fatica a riconoscere nel suo volto acqua e sapone da eterna ragazza della porta accanto la bella signora che ha già all'attivo una decina di film, un nutrito carnet di romanzi e, da tre anni a questa parte, persino una pièce di successo. Ovvero la famosa «Due partite» che, dopo aver girato per tutti i teatri d'Italia, è approdata prima a Lione e poi a Buenos Aires dove è stata acclamata a furor di popolo. Glielo dico e subito Cristina Comencini, perché è di lei che si tratta, esplode in un'allegra risata. «Ma lo sa o no - replica divertita - che sono nata nel 1956? Mi ha presa forse per un’enfant prodige?». Niente affatto, ma questa stupefacente serie di successi fa pensare a una lady stracotta e biscottata seduta sugli allori, e non a una personcina scattante come lei. Che proprio oggi, dopo un ennesimo trionfo all'Eliseo di Roma, porta in scena al Manzoni di Milano «Est Ovest», la sua commedia numero due, con ben otto attori capitanati da Rossella Falk.
Mi dica la verità. Pensava o no, dopo la sua prima prova, di subire ancora il fascino del palcoscenico?
«Più che di fascino io parlerei di vocazione - replica lei con grazia -. Perché io ho cominciato a lavorare come sceneggiatrice. E prima di scrivere soggetti, trattamenti e dialoghi dei miei film, ho faticato come la più piccola e industriosa delle api operaie a tagliare, suturare, aggiustare e digerire copioni altrui. Incoraggiata da mio padre, naturalmente. Che predicava sempre che è così che ci si fa le ossa».
D'accordo. Diciamo, allora, cosa l'ha spinta dopo aver valorizzato in quel delizioso “pas de quatre“ che è stato «Due partite», a confezionare un copione su misura per la Falk?
«Un caso fortuito quanto decisivo. Quando Rossella, che all'Eliseo è di casa dato che abita nello stesso edificio che ospita uno dei teatri più famosi di Roma, venne a congratularsi, dopo Due partite, con me e le mie attrici, rimasi colpita dalla sua vitalità, dal suo humour, dalla sua sconvolgente capacità di rinnovarsi. Tanto che... ».
... che?
«Pensai subito a organizzare sulla carta, attorno a un personaggio come il suo, una storia diametralmente opposta a quella che avevo appena varato. Anche se con Due partite ha molti punti in comune».
Quali?
«Per esempio, il mio tema di sempre, la famiglia».
Come succede in «Est Ovest»?
«Esattamente. Subito dopo aver conosciuto Rossella che tra l'altro è dotata di una strepitosa vis comica in gran parte ancora inedita, ho pensato di mettere in scena non un pater familias ma una matriarca sui generis di nome Letizia».
Ohibò, non alluderà alla Moratti sindaco di Milano?
«Scherza? Questa Letizia è un'anziana meravigliosa signora che, nonostante gli acciacchi l'abbiano costretta alla carrozzella, si sforza ad ogni costo di tener uniti figli scapestrati e avarissime nuore, generi disinvolti e compagne squinternate. Finché... ».
Cosa accade, il fatidico colpo di scena?
«Pressappoco, perché la sua nipote prediletta Isabella è scomparsa».
In che modo?
«Proprio qui sta il busillis. C'è chi sospetta sia rimasta vittima di un'estorsione, chi pensa sia stata rapita e chi addirittura propende per il suicidio».


E la nonna?
«Letizia subodora il peggio ma finge, come le impongono i suoi eccentrici parenti, di non sapere».
Una conclusione amara, non crede?
«E perché mai? Se tutti quanti, me compresa, abbiamo bisogno per vivere di cullarci in un paradiso di bugie?».

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