L’invidia, la lagna e la rabbia ecco la lingua del nichilismo

Che rapporto c’è fra il massacro di Blacksburg e la mattanza di Malatya? E fra questi ultimi due orrendi crimini e tutte le altri stragi che vengono ogni giorno fomentate qui e là sul pianeta da qualche forma di cieco, folle, furioso, disperato odio ideologico, politico, sociale, razziale e/o religioso? Non saranno, tutti questi eccidi, l’annuncio dell’Apocalisse che avanza?
Giuliano Ferrara ne è convinto. E può anche darsi che abbia ragione. Dopo tutto non c’è macello o sterminio, anzi non c’è zuffa o ammazzatina che, per quanto quantitativamente modesta, non possa sembrare, al fiuto di un veggente, un indizio di quella battaglia finale tra il bene e il male di cui si parla nell'ultimo testo del Nuovo Testamento. Nulla dunque vieta di immaginare che la follia sanguinaria che imperversa oggi sulla terra annunci il finimondo. Quale filo rosso può mai esserci tra la follia solitaria, anzi forse solipsistica, dello sventurato Cho Seu Hiung, lo studente coreano che ha espresso la sua micidiale carica di odio e disperazione sparandosi un colpo in bocca dopo aver fatto fuori trentatré compagni di università, e la ferocia multanime del piccolo branco turco che ha simbolicamente giustiziato il cristianesimo, anzi il dio giudaico-cristiano, sgozzando tre poveri stampatori di Bibbie?
Quel filo rosso c’è, altroché se c’è. E per capire qual è basta osservare che il nòcciolo del testamento di Cho Seu Hiung (che si può riassumere così: «Cari ragazzi ricchi e dissoluti di questa bella università americana, sappiate che vi odio, e quello che adesso sto per fare, ammazzarvi ed ammazzarmi, è tutta colpa vostra») è una sintesi perfetta di tutta l’attuale ideologia anti-occidentale, per la quale si sa che l’Occidente è appunto una diabolica combinazione di ricchezza e depravazione, nonché un’espressione altrettanto perfetta delle tre grandi virtù della gauche eterna: l’invidia, la lagna e la rabbia.
Tutto lascia ovviamente supporre che la peculiare follia del povero Cho Seu Hiung consistesse appunto nel non poter nemmeno sospettare che sia la sua invidia per la ricchezza, i successi e i piaceri dei suoi compagni di università, sia il suo bisogno di vedere in loro la causa di tutti i suoi problemi personali, compresi il suo odio e la sua disperazione, fossero un perfetto esempio di delirio paranoico.
Non è inoltre escluso che egli poco o nulla sapesse dell’ideologia anti-occidentale che oggi avvelena il mondo. Questa ideologia, tuttavia, è ormai una «lingua» diffusa dovunque. Tanto che molti la parlano senza nemmeno sapere che si tratta appunto di una «lingua». È la «lingua» di quel pensiero unico antimoderno che per armate di disgraziati è ormai diventato purtroppo senso comune. È la lingua del nichilismo di massa che avanza. E che potrebbe costarci davvero la fine del mondo.
guarini.

r@virgilio.it

Commenti