L’odissea dei liguri nel mondo

Molte famiglie dell’aristocrazia crearono basi commerciali in Medio Oriente

L’odissea dei liguri nel mondo

Nel corso dei secoli, centinaia di migliaia di liguri si sono diretti in ogni parte del mondo, in cerca di fortuna, riuscendo ad impiantare, in molti casi, attività economiche di successo. A partire dalla fine dell'XI secolo, dopo la prima crociata, le famiglie aristocratiche genovesi ottengono il pieno appoggio dalle autorità della Repubblica per fondare colonie da utilizzare come scali strategici per i traffici marittimi. Molti genovesi si trasferiscono nelle basi commerciali che da Gerusalemme spaziano in tutta la fascia mediorientale. Ad Acri, vi sono ancora i resti dei nostri insediamenti e l'espansione prosegue anche lungo la costa nordafricana, a partire da Bugea e Ceuta, fino a Tabarca, in Tunisia, dove i Lomellini erigono una fortezza e gestiscono la pesca del corallo. Il massimo splendore delle colonie della Superba inizia tra il 1300 e il 1400, quando i genovesi riescono a controllare il triangolo commerciale compreso tra Caffa, in Crimea, i quartieri di Pera e Galata, a Costantinopoli, e l'isola di Chio, nell'Egeo. Caffa, nel 1300, è dotata di un porto molto trafficato e i genovesi imprimono il massimo impulso economico a questa base sul Mar Nero, sfruttandone le caratteristiche di crocevia delle vie carovaniere e del triste commercio degli schiavi. Oltre a Caffa, Soldaia, Cembalo, Chilia e Trebisonda, sono solo alcune delle basi, create tra il Mar Nero e il Mediterraneo, che migliaia di emigranti della Superba e i loro discendenti controllano per secoli.
Gli insediamenti genovesi hanno ovunque una struttura simile che è costituita da una cappella, un pozzo, un forno, un bagno pubblico e da uno o più fondaci (bottega usata per vendere merci al minuto, ma anche come magazzino, oppure come alloggio dai mercanti ndr). Il sistema amministrativo è modellato su quello della Repubblica e ogni base commerciale dispone di una zecca e della loggia (edificio con colonnati, usato come luogo di riunione tra chi esercita lo stesso mestiere ndr). Non mancano la curia e la chiesa dedicata al Santo patrono.
I genovesi riescono a tessere una rete di rapporti commerciali così consolidata che, dopo la conquista ottomana di Costantinopoli del 1453, la Superba mantiene il controllo di Caffa per oltre vent'anni e quello di Chio fino al 1566. Dopo secoli di gloria repubblicana, Genova perde l'indipendenza affrontando, nel corso dell'800, un declino economico. La tassa sul macinato, infatti, colpisce i raccolti di cereali e manda in crisi i piccoli proprietari. Il grano proveniente dall'America, meno caro di quello nazionale, accentua la crisi agraria e la Liguria ne risente in modo particolare, dato che il terreno non è fertilissimo e l'agricoltura è gestita da piccole tenute a conduzione familiare che producono raccolti modesti, anche in assenza di carestie. Di conseguenza, le scarse risorse economiche impediscono l'introduzione di tecniche moderne di coltivazione e la commercializzazione dei prodotti è poco competitiva. Genova, pur essendo il primo porto d'Italia e uno dei poli dello sviluppo industriale, insieme con Milano e Torino, non riesce ad assorbire tutta la manodopera. Inoltre, la meccanizzazione del settore tessile segna la fine del lavoro artigianale di tessitura e filatura svolto a domicilio e la miseria spinge molti liguri ad emigrare.
Tra il 1849 e il 1853, partono, solo da Chiavari e dai comuni limitrofi, 6.252 emigranti diretti in America Latina, e tra il 1854 e il 1863 almeno 47.000 persone s'imbarcano per il Sud America. I liguri si stabiliscono tra Argentina e Uruguay, dove le prime colonie genovesi sono già insediate nella regione del Rio della Plata dal XVIII secolo, e in Brasile, specie a Rio de Janeiro, dove svolgono attività portuali. Le condizioni climatiche e ambientali di queste zone sono favorevoli, sia per coltivare, sia per gestire le attività marittime e, nel 1852, è presente a Montevideo una comunità di 6.000 oriundi liguri. Si calcola che tra il 1876 e il 1925, siano partite almeno trecentomila persone dalla Liguria e i centri più interessati dall'emigrazione verso il continente americano sono le zone del chiavarese, di Albenga, Savona, La Spezia e Genova, a differenza della quasi totalità degli emigranti imperiesi che predilige la Francia.
La maggior parte dei liguri provenienti dalle riviere, e dalle località dell'entroterra più vicine alle coste, sceglie il Sud America, mentre gli emigranti delle vallate dell'entroterra si orientano verso gli Stati Uniti. Secondo i dati del sito www.liguri.net, riguardanti alcuni dei comuni più coinvolti nell'emigrazione, il 53% dei chiavaresi raggiunge l'Argentina, circa il 10% il Perú, mentre il 15% punta sugli Usa. Quasi il 54% dei rapallesi, al contrario, privilegia il Cile e, in misura minore, Argentina e Stati Uniti, a differenza di Lorsica, paese genovese nella Val Fontanabuona, dove oltre l'88% degli emigranti punta sulla Statua della Libertà.


Dalle loro patrie d'adozione, gli emigranti liguri inviano rimesse ai familiari e finanziano anche opere pubbliche come il ponte sullo Sturla, realizzato nel 1902, che unisce Prati e Isola di Vignolo a Mezzanego, nell'entroterra di Chiavari. Inoltre, arrivano in Liguria molti contributi dagli emigranti per i restauri di cimiteri e per costruire asili, scuole, ospedali, palestre, case di riposo, edifici religiosi e pubblici.

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