Guido Mattioni
da Milano
Una corale bacchettata all’Europa, accusata di eccessiva quanto unitaria cautela; un richiamo all’Italia (al di là della buona volontà comunque riconosciuta al governo di Roma) per la persistente vaghezza sulla consistenza del contingente militare da inviare in Libano; e un eloquente plauso, invece, a quattro Paesi asiatici - Bangladesh, Nepal, Malesia e Indonesia - per la serietà delle loro promesse.
Queste, in sintesi, le considerazioni del vice segretario generale dell’Onu, Mark Malloch Brown, al termine della riunione con i rappresentanti delle nazioni che hanno manifestato la propria disponibilità a contribuire alla forza di interposizione di 15mila caschi blu per preservare la fragile tregua raggiunta tra il governo di Israele e gli hezbollah del Libano.
«Abbiamo inviato le regole (di ingaggio, ndr) per iscritto alle capitali come ci era stato chiesto e ora ci aspettiamo impegni concreti», ha detto il numero due di Kofi Annan ribadendo che i caschi blu delle Nazioni Unite «saranno una forza di polizia e non di occupazione» a cui «non sarà chiesto di disarmare le milizie di Hezbollah»
Lasciando trapelare una certa delusione per l’eccessiva cautela fin qui dimostrata dagli esecutivi del Vecchio continente, Brown ha espresso un auspicio che suona al tempo stesso come un rimprovero: «Ora ci aspettiamo impegni concreti da parte dei governi europei. La palla è adesso nel loro campo e i pianificatori militari hanno tutto il materiale che hanno detto sarebbe stato loro necessario per prendere la decisione finale - ha detto il numero due di Kofi Annan -. Vogliamo che l’Europa si faccia avanti per la prima avanguardia, che vogliamo essere di carattere multinazionale, in modo da risultare gradita a entrambe le parti. Per ora a farsi avanti per davvero - ha rammentato ancora Brown - sono stati i governi di Indonesia, Malesia, Bangladesh e Nepal». Va però ricordato che sulla presenza ai propri confini di truppe di Paesi islamici quali appunto Indonesia e Malesia, è stato già manifestato ufficialmente e ripetutamente il non gradimento da parte del governo di Israele.
Commentando più in dettaglio l’atteggiamento italiano, «da Roma sono giunte buone notizie», ha detto il numero due del Palazzo di vetro. «Ma per il momento non abbiamo impegni precisi sul numero di soldati», ha però subito aggiunto. «In Italia c’è stata l’intesa del governo, l’accordo nelle commissioni delle due Camere. Ora hanno detto di avere bisogno dei dettagli sulle regole di ingaggio e il Quadro dell’operazione (Conops, ndr) per decidere quando e quanti uomini inviare», ha ricordato Brown. Il quale ha poi anche ribadito che se «l’Italia ha preso un impegno con le Nazioni Unite, non ha ancora espresso concretamente questo impegno in termini di numeri. Hanno detto che vogliono guardare alle regole di ingaggio e al quadro dell’operazione nel corso del fine settimana per esprimere concretamente impegni su tempi e numeri».
È chiaro tuttavia, ha proseguito Brown, «che l’Italia farà parte dell’avanguardia della missione e che ci saranno soldati italiani tra i 3.500 caschi blu del primo contingente. Quanti non è ancora chiaro saranno a disposizione in una prima fase e quanti potrebbero arrivare in secondo tempo. Ma il consiglio dei ministri ha approvato la missione e gli organi di Camera e Senato hanno approvato la missione», ha ricordato il segretario vicario dell’Onu. Il quale, pur senza voler sottolineare i compiti che il governo di Roma si è impegnato ad assumere, ha anticipato che comunque i soldati italiani «saranno presenti in numero significativo e destinati alla prima linea».
Quanto agli altri Paesi europei, il vicesegretario dell’Onu, pur confermando come la partecipazione tedesca sarà limitata all’invio di unità navali, ha definito l’impegno del governo di Angela Merkel come «estremamente importante». Circa la Francia, che ha ribadito la propria volontà di guidare la forza di interposizione, «niente di nuovo rispetto a ieri».
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