Politica

L’Udc insiste: il grande centro si può fare

da Roma

Non è certo solo Lorenzo Cesa, l’europarlamentare dell’Udc considerato molto vicino a Follini, a sottolineare la praticabilità della proposta di Rotondi. Il senatore ex Udc che ha gettato nel mare agitato dai botta e risposta tra Casini e il premier Berlusconi, una sorta di zattera di salvataggio che chiama Ppe italiano, con dentro Forza Italia, Udc, la sua Dc, e fuori An. Una zattera dove i primi a voler salire sembrano proprio quelli dell’Udc, mentre ovviamente quelli che la considerano soltanto un’inutile distrazione dal progetto della Costituente del Partito unitario sono quelli di An, che di questo organismo fanno già parte.
Il vicesegretario vicario dell’Udc, Mario Tassone sembra tra i più convinti, «a patto - dice - che non sia solo un’ipotesi elettoralistica». Tassone considera valida l’idea di «dar vita a un partito di centro che raccolga le varie esperienze dei cattolici democratici ovunque si trovino». Sulla stessa linea Luca Volontè, che in una intervista al quotidiano Il Mattino immagina scenari politici diversi da quello attuale, e in particolare ritiene possibile un «partito unitario con Udeur e Margherita». «Si tratta di un’idea lanciata due anni fa dal nostro segretario - sottolinea il capogruppo udc alla Camera - e che rimane attuale soprattutto dopo una vittoria referendaria che ha visto da una sola parte tutti i soggetti che appartengono alla storia del Ppe». Una voce diversa è quella di Maurizio Ronconi, senatore dell’Udc, che sostiene che all’ordine del giorno c’è solo «il partito dei moderati al quale sono chiamati a partecipare Fi, Udc e An. Tutto il resto rimane subordinato e tende a indebolire il disegno principale».
Opposizione netta da parte di esponenti della Margherita. «Per l’amor di Dio - ha commentato Willer Bordon intervistato da Radio Radicale - mi viene da dire: vade retro Satana!». Mentre a Mauro Fabris, coordinatore nazionale dell’Udeur, questa lista di Rotondi appare «come il tentativo disperato di riciclarsi e salvarsi di fronte a un'imminente débâcle elettorale». Per il coordinatore del partito di Mastella, non è il caso di pensare a una riedizione della vecchia Democrazia Cristiana adesso: «Realisticamente se ne potrà riparlare quando Berlusconi uscirà definitivamente dalla scena politica italiana». Ripete la sua posizione Maurizio Gasparri di An: «A meno che non si punti alla scomposizione dei Poli, l’unica via è quella tracciata della Costituente del partito che si ispira al Ppe». Obiettivo a cui lavorare con più convinzione da subito, senza tatticismi, è l’invito di Gasparri. Più polemico il suo successore al ministero della Comunicazione, Mario Landolfi, che definisce la proposta di Rotondi «un divertissement agostano, destinato a rimanere tale». «La Margherita - commenta il ministro di An - non abbandonerà mai il centrosinistra per passare a un ipotetico grande centro. E non è possibile marginalizzare una forza come An». Landolfi sostiene che «fare la sezione italiana del Ppe significa dividere ciò che è già unito per tentare di unire quello che è diviso». Anche il presidente Cossiga in un’intervista a Il Tempo dice no alla proposta di Rotondi. Perché non crede al Ppe, partito da cui si è dimesso, e perché la Dc non può rinascere, perché quel partito «era il prodotto eccezionale di contingenze di politica interna». Per Cossiga si tratterebbe di «un’operazione rabberciata». A tutti risponde l’autore della proposta. Rotondi si dice sempre più convinto che la sua è l’unica proposta per rendere il centrodestra più efficace alla prossima scadenza elettorale. «Non ora, ma la Dc si può rifare» - replica a Cossiga, cui contesta che la Dc sia stata irripetibile creazione della Chiesa. «È stata creatura politica di laici indipendenti».

E promette di inviargli una tessera onoraria della nuova Dc.

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