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L’Udc prende tempo e non decide ma l’accordo col Pdl si avvicina

RomaLa partita è aperta da tempo, tanto che lo scorso 15 luglio Silvio Berlusconi aveva chiuso il Consiglio dei ministri con una frase sibillina: «Non è questa la sede, ma dobbiamo pensare a una riunione nella quale mettere sul tavolo il tema dei rapporti con l’Udc in vista delle regionali». Passati quasi due mesi la trattativa prosegue, portata avanti da alcuni ambasciatori «privilegiati» del Pdl (Bondi, Fitto, Dell’Utri, Cicchitto, Quagliariello) e da Pier Ferdinando Casini. Con il Cavaliere e il leader dell’Udc che pur essendosi promessi un faccia a faccia non hanno ancora avuto modo di incontrarsi.
D’altra parte, pur essendo le regionali del 2010 ormai alle porte - si voterà il 21 marzo e candidature e alleanze vanno chiuse al massimo a novembre - il quadro politico resta ancora in movimento. Su scala nazionale, perché Casini insiste nel voler aspettare l’esito del congresso del Pd di ottobre. E su scala locale, perché per l’Udc resta la discriminante di alcune candidature che considera «assolutamente improponibili». L’elenco non è lungo ma certamente «pesante»: Antonio Bassolino in Campania, Mercedes Bresso in Piemonte e Nichi Vendola in Puglia. Per i centristi questi nomi sono «impresentabili». Non solo per ragioni di merito, ma anche perché rappresentano chi la vecchia politica che ha portato al tracollo il centrosinistra e chi quell’asse tra Pd, Italia dei valori e sinistra radicale che a Casini non è mai piaciuto.
Insomma, un riavvicinamento tra Berlusconi e il leader dell’Udc non è affatto da escludersi, anche perché - fanno notare gli uomini più vicini al Cavaliere - i centristi «hanno certamente più difficoltà a spiegare ai loro elettori un accordo con il centrosinistra rispetto a un’intesa con il centrodestra» e «l’ipotesi di non capitalizzare nulla neanche nelle regioni in cui sono determinanti è davvero remota». Ma c’è anche un altro elemento che più di altri può condizionare la trattativa in corso. In Berlusconi, infatti, Casini trova quello che nel Pd allo stato non esiste: un interlocutore credibile e autorevole. Il Cavaliere, per capirci, può garantire su nomi e accordi, mentre Franceschini non sa neanche se a ottobre sarà ancora segretario. Un elemento - ammettono anche gli uomini vicini al leader dell’Udc - niente affatto trascurabile.
Da parte sua, invece, grazie a un’intesa con i centristi Berlusconi porterebbe a casa la quasi certezza di un successo alle regionali del 2010 che nei fatti non farebbe altro che rilanciare il governo. A parte le corazzate Lombardia e Veneto, infatti, non sono poche le regioni dove Casini rischia di essere determinante, soprattutto al Sud. In Campania, Calabria, Lazio e Puglia, infatti, i centristi sono quotati tra il 6,5 e l’8,5%. Il tutto senza contare che l’Udc potrebbe anche giocare un ruolo in chiave di contenimento della Lega che - lo dimostra la vicenda del Partito del Sud - sta causando qualche mal di pancia non solo tra i finiani e gli ex di An ma anche tra i cosiddetti «sudisti» che vengono da Forza Italia.
Alla fine, dunque, l’accordo si farà. Anche se a «macchia di leopardo», cioè caso per caso. Con Campania, Lazio, Calabria e Puglia che al momento sembrano essere le più papabili. Nella prima, infatti, il coordinatore regionale dell’Udc Domenico Zinzi ha già chiuso l’accordo con il Pdl all’ultima tornata elettorale dove i centristi erano con il centrodestra alle province di Napoli, Salerno e Avellino (tutte vinte al primo turno). E Zinzi sarà il candidato del centrodestra alla provincia di Caserta, dove si voterà in contemporanea con le regionali. Più complessa, invece, la partita pugliese. Dove il Pdl appoggia la candidatura di Stefano Dambruoso, magistrato gradito all’Udc. Che però, ormai tramontata l’ipotesi di lanciare Michele Vietti alla presidenza del Piemonte (dove il leghista Cota sembra essere l’uomo più spendibile), starebbe pensando a candidare Rocco Buttiglione, un nome su cui il Pdl potrebbe poi convergere. In poche altre regioni - per esempio la Liguria - l’Udc andrà invece con il Pd. Anche perché - racconta chi con Casini parla spesso - diversi esami dei flussi elettorali dimostrerebbero che gli elettori dell’Udc sono per un terzo «casiniani convinti» (disposti cioè a seguirlo a prescindere), per un terzo «delusi del Pd» e per un altro terzo «delusi del Pdl».

Ma forse anche per poter continuare con la politica delle «mani libere» ancora un po’.

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