Tutta la verità, nient'altro che la verità: la certezza di poter smascherare un bugiardo, magari grazie ad un metodo semplice e rapido come uno scanner, non c'è ancora. Mai come in questo momento storico, tuttavia, negli Stati Uniti si sta investendo tempo e denaro perché questo sogno diventi realtà e la risposta scientifica al problema sta diventando l'ultima ossessione americana, come confermano i media e le ricerche dei più avanzati laboratori e istituti universitari. Nel mondo post 9/11, in cui chiunque sia in possesso di un passaporto e una valigia è una potenziale minaccia, la soluzione ideale sarebbe un «bugia detector» che permetta di «esporre» il malintenzionato a raggi infrarossi che rilevino i suoi veri scopi.
Negli ultimi cinque anni il Dipartimento della Difesa e quello della Sicurezza nazionale americani hanno dedicato centinaia di milioni di dollari del cosiddetto black budget agli studi di tecnologie avanzate deputate a scoprire i bugiardi: dalla scansione oculare a infrarossi alla risonanza magnetica del cervello, dai sensori di individuazione a distanza all'analisi delle microespressioni facciali che spesso accompagnano la menzogna. Ieri, poi, il Washington Post ha dedicato ampio spazio alle ipotesi che vorrebbero un ritorno sulla scena investigativa e procedurale del siero della verità, che da leggenda metropolitana potrebbe tornare a essere lo spauracchio dei criminali di tutto il mondo.
Al momento non esiste alcun composto chimico conosciuto che possa garantire, una volta somministrato, di estrarre la verità dalle fauci di un bugiardo. E tuttavia la fascinazione per una sostanza con tali proprietà ha radici quasi centenarie: il siero della verità infatti nacque nel 1916 quando l'ostetrico Robert House durante una visita a domicilio trovò una paziente con le doglie in preda a uno stato di dormiveglia cosciente indotto dalla scopolamina, un composto derivato dall'erba velenosa del giusquiamo, che blocca l'azione del neurotrasmettitore acetilcolina. La donna, sembrava indotta dall'anestetico a dire la verità su ogni argomento, il che portò House a promuovere, negli anni venti e Trenta l'uso forense della scopolamina, perché credette che potesse indurre chiunque a dire la verità. Si usarono anche altre droghe, come Pentotal e Amytal, finché negli anni Cinquanta gli scienziati dichiararono che il siero della verità non esisteva e molte corti giudicarono il suo uso inammissibile come prova.
I nuovi studi di cui parla il Washington Post riguarderebbero l'ossitocina, ormone prodotto dai nuclei ipotalamici e secreto dalla neuroipofisi, che provoca nelle mammelle in stato di allattamento una contrazione delle cellule dei dotti mammari e l'eiezione del latte, ha un ruolo nello stimolare le contrazioni della muscolatura liscia dell'utero e nelle relazioni amorose è coinvolto nel processo di formazione di legami stabili e duraturi, motivo per cui viene chiamato anche «ormone dell'attaccamento». Il Post rivela i risultati di uno studio svizzero del 2005, in cui Michael Kosfeld e Markus Heinrichs dell'Università di Zurigo hanno comunicato i risultati di una ricerca sul rapporto tra ormone ossitocina e fiducia. A 130 studenti era stata somministrata ossitocina o placebo. A metà di essi era stata data una quantità di denaro che potevano conservare o trasferire anche interamente a «fiduciari» che non conoscevano e non potevano vedere. Coloro cui era stata somministrata ossitocina tendevano ad aumentare il grado di fiducia verso gli sconosciuti, indipendentemente dalla possibilità di riavere del denaro. Paul J. Zak, neuroscienziato dell'università californiana di Claremont, uno dei supervisori dell'esperimento svizzero - chiamato a presentare i risultati all'Agenzia americana per i progetti di ricerca per la difesa (Darpa) - ha assimilato gli effetti dell'ossitocina somministrata artificialmente a quelli di un interrogatorio di tecnica «classica» in cui una persona agisca come «poliziotto buono» e crei un legame con l'interrogato, il cervello del quale produce a quel punto l'ormone.
«Siamo quasi in grado di manipolare completamente un gran numero di circuiti neuronali» ha detto al Post Mark Wheelis, scienziato dell'università della California e storico di guerra chimica e batteriologica. «Non abbiamo ancora la ricetta precisa, ma mi stupirei se a breve non individuassimo una serie di farmaci di grande utilità negli interrogatori». Di parere contrario Tara O'Toole, direttore del Centro per la Biosicurezza dell'Università di Pittsburgh: «Non siamo stati capaci di creare un vaccino all'antrace. L'idea che potremmo sviluppare un nuovo siero della verità mi lascerebbe di stucco».
A sentire la stessa Cia e il Darpa, che sostengono non vi sia alcun lavoro in corso sul siero della verità, non resta che tentare con il vino: in fondo l'alcol, somministrato per via endovenosa come etanolo, fu proprio il primordiale liquido in cui si cercò la veritas.
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