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L’ultima vendetta anti Gheddafi: profanata la tomba della madre

L’ultima vendetta anti Gheddafi: profanata la tomba della madre

Tornerà in Libia l’ex premier Bagdhadi El Mahmudi, uomo del regime di Muammar Gheddafi, dopo che la Tunisia ha dato il suo via libera all’estradizione. L’accoglimento dell’istanza è stato ritenuto dalle autorità giudiziarie tunisine una doverosa applicazione della convenzione in materia, stipulata tra i due Paesi. Ora bisognerà attendere le mosse del collegio di difesa di al Mamhmudi che nelle scorse settimane non aveva escluso di inoltrare alle autorità tunisine, una formale richiesta di asilo politico. A sostegno della richiesta vi sarebbe il timore che, una volta consegnato ai nuovi governanti libici, l’ex premier potrebbe essere esposto a seri rischi per la sua vita. Se e quando al Mahmudi sarà consegnato alle autorità di Tripoli, si tratterà del più alto esponente dell’ex regime nella mani dei nuovi governanti della Libia.
E in effetti che il clima non si ancora affatto pacificato lo dimostrano le tombe della madre e dei parenti del Colonnello profanate al cimitero di Sirte, la città che è stata anche la tomba dell’ex dittatore. Il gesto porta la firma di alcuni esponenti di un movimento jihadista vicino ad Al-Qaida, che ha distrutto quattro sepolcri: quello della madre di Gheddafi, quello di uno zio e quelli di altri due parenti. I resti dei cadaveri sono stati rimossi dalle tombe e dati alle fiamme. Sui muri del cimitero il gruppo si è firmato «Comitato per la demolizione delle statue».
Un clima di odio quello che si respira ancora in Libia. Vendette, ritorsioni e minacce contro i membri dell’ex regime. Come quelle annunciate contro il magnate egiziano delle telecomunicazioni, Naguib Sawiris, inserito nella lista nera del cosiddetto «Fronte di Liberazione della Libia», formazione vicina all’ex regime, sorta dopo la caduta di Muammar Gheddafi.

Secondo quanto si legge sul sito informativo libico «Seved Days», vicino al passato regime di Tripoli, «l’uomo d’affari egiziano è stato inserito nella lista delle persone da uccidere, insieme ad altri tre imprenditori del suo paese, perché ha complottato per la caduta del Colonnello prima della rivolta del 17 febbraio scorso».

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