Politica

L’Unione teme l’effetto Berlino: «Un errore parlare già di successo»

Prodi: «Non siamo tranquilli, dobbiamo fare di più». Franceschini: «Vittoria da guadagnare giorno per giorno». L’Udeur: «Per molti soloni il Polo ha già perso»

Roberto Scafuri

da Roma

Il bello delle elezioni in casa d’altri è che si può dire davvero quello che si vuole. Non si paga pegno. Per un Casini che nella tenuta del cancelliere Schröder vede un premio alla «discontinuità», sul fronte avverso il verde Pecoraro Scanio immagina che il risultato sia «una botta alle speranze di Berlusconi», mentre il «politologo» Di Pietro consiglia ai liberali tedeschi di accordarsi con Schröder. Sarà smentito in un augenblick, un batter di ciglia.
Fatto è che il succo della lezione da trarre appare molto diluito, un cocktail che spesso rasenta l’azzardo. Se Franceschini (dl) precisa che «non ci sono parallelismi possibili tra Italia e Germania», il senso comune precipita in distillati che ambirebbero la provenienza da Colonia e invece profumano di Garbatella e Ceppaloni. Ma è pur vero che, grazie all’esempio tedesco, l’Unione cominci a interrogarsi sui sondaggi. Come per tutti gli assetati o i neofiti, si teme l’indigestione. Romano Prodi chiude il recinto prima che possano scappare i buoi (leggasi i voti): «Le elezioni si vincono a urne chiuse, quando si fa lo spoglio alla sera», ammonisce il leader. Analisi a voce alta: «Tutti davano vincitrice la destra, come mai è andata in modo diverso? Perché la gente si sente insicura di fronte a discorsi in cui il mercato è re e domina. C’è bisogno di governi seri che non lasciano allargare la differenza tra ricchi e poveri e cercano di mantenere una certa equità nel Paese...». L’inquietudine va combattuta, i sondaggi buttati nel cestino. «Non ritengo che l’attuale situazione dia tranquillità, bisogna fare molto di più. Le elezioni sono aperte, lo sono fino all’ultimo, anche se gli eventi vanno a nostro favore».
La linea prodiana sfonda in un attimo, anche se su certe bocche ha il sapore della scaramanzia piuttosto che della saggezza. Mai vendere la pelle dell’orso..., è l’insegnamento della nonna. «L’errore più grande è considerare di aver già vinto le elezioni sei mesi o un anno prima della data di svolgimento - si preoccupa Franceschini -. Questo deve indicare a noi dell’Unione che la vittoria dobbiamo guadagnarcela sudando giorno per giorno, senza pensare di avere già tutto in tasca». Potenza delle immagini. Rapidità delle ricette: l’Udeur riconverte la «clamorosa» smentita dei sondaggi in un altolà agli alleati di sinistra. La «lezione», allora, è diretta a «quei soloni che ancora vagheggiano riforme e governi alla Zapatero» e che oggi dovrebbero invece «riflettere». Su che cosa? «Essi ritengono che la Cdl abbia già perso e si affrettano, un po’ disinvoltamente, a inserire nel programma di governo dell’Unione elementi che stridono con i valori e le convinzioni di un elettorato di centro...».
Tutto si potrà dire delle elezioni tedesche, meno che gli elettori non abbiano premiato le ali, le ricette coerenti e decise, piuttosto che un magmatico centro. Anzi, con lo sguardo al sogno centrista di una nuova legge elettorale in Italia, il ds Angius saluta un voto che «fa piazza pulita della dottrina centrista». Il «flop» del sistema proporzionale tedesco rende felici Fassino e Veltroni, Monaco e Lusetti, Violante, Parisi e persino Pecoraro Scanio («Lo sbarramento tedesco è una frana», esulta). Rigirare la frittata centrista è un gioco da ragazzi, per la sinistra radicale. «L’Unione vince con un programma di sinistra», dice il rifondatore Giordano. «La sinistra può vincere», gli fa eco Salvi (ds). Ma anche da queste parti il mondo è variopinto, e si accende una querelle da Strapaese. Per cui «il messaggio è l’ampliamento dello Stato sociale, una prospettiva che in Italia si realizza con la lista Arcobaleno», sostiene il verde Cento. Il comunista Venier comprende la lezione: «L’unità delle sinistra paga, assurda la miopia di Rifondazione». Gelata di Folena (indipendente di Prc): «Verdi e Pdci evitino gli entusiasmi, Lafontaine è diverso da loro». Die Linke siamo noi, diffidare dalle imitazioni. Per fortuna esistono i pontieri, e Falomi nel Cantiere non ci sta per caso: «Il voto dice no alle politiche neoliberiste, occorre costruire una nuova sinistra e sia Prc che la lista Arcobaleno non possono non dare una risposta». Però attenti: «Non servono confuse aggregazioni elettorali...».
Anche i «riformisti» non possono sottrarsi a una riflessione, cui li invita Bertinotti (l’unico italiano che ha partecipato davvero alle elezioni tedesche), andando a chiudere la campagna elettorale di Lafontaine come presidente della Sinistra europea. Sembra sulla strada della conversione l’ex ministro dell’Industria Bersani, che ha tratto una «colossale lezione: hanno perso i fanatici della deregulation». Parere importante, che dà piglio diverso anche all’entusiasmo di Fassino e Caldarola per la rinascita della socialdemocrazia.

E meno male.

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