L’UNITÀ CHE DIVIDE

«Settanta secondi di inno di Mameli non hanno mai fatto male a nessuno» ironizza Roberto Formigoni. Incurante delle polemiche, sul suo sito internet lancia la spilletta celebrativa per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Presidente, nel pieno della bagarre lei addirittura propone una coccarda tricolore?
«Noi siamo italiani e lombardi, orgogliosi di essere italiani da lombardi. Le due cose, l’essere lombardi e l’essere italiani, esaltano la nostra specificità e la nostra identità».
Come concilia la difesa del Tricolore e della Rosa camuna?
«Non sono in contrasto ma profondamente amici. La Lombardia è parte integrante dell’Italia, una delle parti migliori. Quattrocentotrentaquattro dei Mille di Garibaldi erano lombardi. All’Italia abbiamo dato un contributo enorme. Pensiamo a nomi come Ippolito Nievo, intendente dei Mille, che divenne eroe nazionale polacco e ha un monumento a Varsavia. Ma poi Carlo Cattaneo, Antonio Rosmini, Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi...».
Qual è secondo lei il personaggio simbolo della Lombardia?
«Manzoni. E Cattaneo. Ho curato io stesso nel 1996 un’edizione in pergamena di Notizie naturali e civili sulla Lombardia di Cattaneo, che è ancora un testo fondamentale per conoscere la nostra regione. Cattaneo si è battuto per l’unità d’Italia federalista. Così anche Antonio Rosmini: si sono battuti per l’unità d’Italia e per il federalismo».
Nessuna contrapposizione tra federalismo e Italia unita?
«Si sommano a vicenda, vanno a braccetto, sono profondamente amici tra di loro. Anche oggi la genialità dei nostri ricercatori medici imprenditori artigiani fa la Lombardia famosa nel mondo e l’Italia famosa nel mondo. Basti pensare al Nobel per la chimica, Giulio Natta. Se non ci fossero le tasse lombarde e il Pil lombardo, il contributo al fondo di solidarietà interregionale del 54 per cento, non ci sarebbe l’Italia».
In molti pensano che la Lombardia dia troppo e riceva troppo poco. Condivide?
«Occorre un riequilibrio. C’è qualcuno più federalista di me? La Lombardia ha l’interesse a riequilibrare e io mi batterò fino all’ultimo contro un federalismo falso, per un federalismo vero che prema i virtuosi. Ma federalismo non vuol dire secessione né rottura dell’unità nazionale. Ecco ciò che mi distingue dal secessionismo. Il nostro federalismo è un diverso modo di fare l’unità. Finora abbiamo vissuto 150 anni di unità centralista. Dal 2011 vogliamo costruire 150 anni d’Italia federalista».
Ma questa unità d’Italia conviene ai lombardi?
«Nonostante le apparenze sì, ed è bene dirlo ai secessionisti che scelte del genere sono uno svantaggio economico anche per noi. Siamo una grande Regione ma abbiamo bisogno di avere un grande Paese intorno, perché la competizione oggi avviene tra Paesi molto grandi. Addirittura il singolo Paese è troppo piccolo per competere con l’India o la Cina! Bisogna essere molto bravi ma anche abbastanza grandi per competere».
Come si spiega l’avversione della Lega all’inno di Mameli?
«Nugellae, sciocchezze, direbbe il poeta. De minimis non curat praetor, non ci occupiamo di minuzie. Ognuno è libero di fare quello che vuole. Lo chieda ai leghisti qual è il motivo. Io penso che loro abbiano paura che parlando di unità del Paese diminuisca la prospettiva del federalismo. Invece è vero l’opposto. Si può celebrare l’unità d’Italia e proseguire imperterriti la battaglia per un federalismo autentico. Forse chi non celebra l’unità d’Italia vuole rinnegare le guerre d’indipendenza? Non credo proprio che qualcuno voglia celebrare Italia dominata dagli stranieri!».
Parteciperà ai festeggiamenti delle Cinque giornate di Milano come Bossi?
«Le abbiamo sempre festeggiate, fanno parte della nostra identità. Come tutti sanno, la costruzione dell’unità d’Italia è partita dalle Cinque giornate di Milano e dalle Dieci giornate di Brescia. Mi fa piacere che Bossi partecipi a queste celebrazioni, ma a combattere sono stati i patrioti lombardi che aspiravano a liberare Milano dallo straniero e a costruire un’Italia unita e indipendente».


E le polemiche sulla bandiera?
«Il tricolore è nato in piazza Duomo a Milano e non a Reggio Emilia. La storia d’Italia e di Lombardia sono strettamente intrecciate tra di loro. Separare la Lombardia dall’Italia e l’Italia dalla Lombardia è un’operazione antistorica e sciocca».

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