L’Unità spara a Brunetta. E la chiamano satira

Nell'inserto umoristico "Emme" due vignette su un terrorista e sulla morte del ministro. Cazzola: "Messaggio rischioso, Renato già sotto scorta". La De Gregorio: "Ho chiamato subito il ministro, è una vignetta di pessimo gusto"

L’Unità spara a Brunetta. E la chiamano satira

L’inserto satirico dell’Unità - che si chiama Emme ed è una pallida e mal riuscita imitazione del vecchio Cuore di Michele Serra - ha dedicato ieri una vignetta al ministro per la Pubblica amministrazione e innovazione, Renato Brunetta. La riproponiamo in queste pagine, così che ciascuno possa farsene un’idea.

Il contenuto, comunque, è difficilmente equivocabile. Un tipo che ricorda il finlandese che la scorsa settimana ha sterminato i compagni di scuola, ma anche Robert De Niro in Taxi Driver, insomma un killer-pazzo, impugna la pistola e dice: «Stavo a casa in mobilità depresso, senza fa ’n cazzo e me so’ detto: c’ha ragione Brunetta, i fannulloni so ’na vergogna. Allora me so’ fatto forza, me so’ alzato, me so’ fatto la barba e ho preso il vecchio ferro, quello de quando facevo anche 14 h consecutive da guardia giurata. E so’ venuto ar ministero a ringraziatte, Renà». E poco sotto: «Vedo che c’hai ggente. Chi? So’ l’imppiegati modello der 2008?... Nun piagne Renà, nun fà così: dai che ringrazio pure a loro».

Dicevamo prima che Emme ha dedicato a Brunetta una vignetta. Ci correggiamo, perché in realtà le vignette sono due. Ce n’è infatti un’altra, a fianco di quella appena descritta. È listata a lutto, e fra il titolo «Chi è morto oggi?» e un teschio è scritto, con caratteri da cartello funebre, «Renato Brunetta». Se è una coincidenza, è perlomeno singolare; se è una scelta, è di pessimo gusto.
Una cosa del genere non poteva non scatenare un putiferio, e infatti un putiferio s’è scatenato. Tale da indurre prima Sergio Staino, direttore di Emme, e poi la stessa direzione dell’Unità, a chiedere scusa. «Nelle intenzioni dell’autore - ha chiarito Staino - e nell’interpretazione che abbiamo dato come redazione, la vignetta esprimeva solo il disagio, l’indignazione e il vaneggiamento folle e non certo condivisibile, che può provocare una strabordante polemica contro supposti fannulloni, in un Paese come il nostro in cui invece sta crescendo la disoccupazione.

Questa la buona fede nostra e del disegnatore, ma se, come può sempre accadere, la ciambella non è uscita con il buco e per una qualche ragione, legata al disegno o al testo, qualche lettore può interpretarla in modo da sembrare un invito all’uso delle armi, né io, né il disegnatore Mauro Biani, né l’intera redazione di Emme abbiamo alcuna difficoltà a chiedere scusa a questi lettori, ministro Brunetta, ovviamente, compreso».

Questo invece il comunicato della direzione dell’Unità, la quale «nell’associarsi alle considerazioni di Sergio Staino ivi comprese le eventuali scuse nei confronti di chi si fosse sentito offeso, fa tuttavia notare che Emme è un settimanale satirico e che dunque l’evidenza del contesto non può ingenerare alcun sospetto di “ambiguità” sugli intenti della vignetta». Dopo di che la stessa direzione dell’Unità «esprime sorpresa per le reazioni suscitate dalla vignetta negli stessi ambienti che hanno sempre giustificato e tollerato gli espliciti riferimenti all’uso delle armi fatti da un autorevole esponente della maggioranza di governo, Umberto Bossi».

Sono scuse presentate tenendo un po’ tirato il freno a mano (non volevamo offendere, era solo satira, e poi in fondo anche Bossi), ma in un Paese in cui nessuno chiede mai scusa per niente, sono già qualcosa. C’è spazio però per qualche puntualizzazione.
Saremo infatti anche un po’ ottusi, ma sinceramente guardando il disegno e leggendo il testo non abbiamo avuto l’impressione che il bersaglio della satira, come ha detto Staino, fosse la follia del soggetto con la pistola in pugno. No, l’impressione, a noi comuni o forse un po’ faziosi lettori, è che il bersaglio fosse Brunetta, e c’è da sperare che la stessa impressione non l’abbia avuta qualche esaltato sempre pronto a «farsi giustizia da sé», magari in nome del proletariato: anche perché il titolo della vignetta - altro particolare non irrilevante - era «guerre giuste».

Non pensiamo affatto che Staino giustifichi una guerra armata contro Brunetta o contro lo Stato; né tantomeno pensiamo che la giustifichi il nuovo direttore dell’Unità Concita De Gregorio, alla quale - ne siamo sicuri - la vignetta è sfuggita, essendo l’inserto Emme una sorta di repubblica autonoma. Il problema non è Staino o Concita De Gregorio - che, anzi, sta molto smorzando i toni, rispetto alla linea dell’Unità di Colombo e Padellaro - ma è l’aria che tira: l’aria che porta a dipingere l’Italia come una dittatura, che porta il rifondarolo Caruso a dire signori del governo non stupitevi se poi vi gambizzano, che porta Adriano Sofri a scrivere che uccidere Calabresi non fu un atto di terrorismo ma una comprensibile vendetta per tante violenze di Stato.

Quanti sofismi si possono permettere i vivi. Sono i morti che non possono replicare: né ai sofismi né alle vignette. Le quali saranno pure satira, ma a volte ricordano tanto gli appelli alla rivolta e la solidarietà con «i compagni che sbagliano» degli anni Settanta. Anche chi firmò i manifesti contro Calabresi non sparava: ma ci furono persone («i migliori», scrive Sofri) che quei manifesti li presero alla lettera e andarono a sparare nella schiena a Calabresi.
Ecco, forse andrebbe ricordato tutto questo.

E magari pure che Brunetta vive sotto scorta non per caso, ma perché chi come lui si è occupato di riforma del lavoro, negli anni scorsi un folle con la pistola l’ha incontrato davvero. A Emme e all’Unità senz’altro non hanno dimenticato né Ezio Tarantelli, né Massimo D’Antona, né Marco Biagi.
Michele Brambilla

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