La laicità ormai è vecchia: va rinnovata

Si è riaperto in Italia il dibattito sulla laicità della politica, un dibattito che inevitabilmente rimanda a un antico iato della nostra storia istituzionale e sociale: quella tra guelfi e ghibellini. Una bipartizione che ha influenzato le vicende italiane sino a tutto l’Ottocento, quando i sostenitori di una confederazione con al centro il papato venivano chiamati neo-guelfi e coloro che, invece, proponevano un modello filo-sabaudo, neo-ghibellini. A far tornare sulle pagine dei giornali i due termini è stato Aldo Schiavone che su La Repubblica ha parlato di «ondata neoguelfa». A stretto giro di posta gli ha risposto con un fondo sul Corriere della Sera Ernesto Galli Della Loggia, parlando di un «conformismo ghibellino» che attribuisce alla Chiesa, relativamente all’attuale situazione politica, responsabilità che non ha. Il Giornale ha deciso di approfondire l’argomento mettendo a confronto le opinioni di due intellettuali, uno di area cattolica e uno notoriamente laico. Le presentiamo in queste pagine. Il professor Stefano Zamagni, economista, cattolico, ma che rifiuta di essere etichettato come «guelfo», sostiene la necessità che lo Stato si ponga in maniera neutrale verso ogni credo religioso, senza per questo rinunciare al contributo che la religiosità può dare al dibattito.

Gli risponde Massimo Teodori, professore di Storia americana e pensatore liberale, che considera lecita l’alleanza tra Chiesa cattolica e atei devoti a patto però che verità morali assolute non vengano imposte alla comunità nazionale.

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