L'allarme sugli sbarchi Se il buonismo diventa un regalo alla mafia

A Siracusa fermati 19 appartenenti a un clan che gestiva gli arrivi in Sicilia: è la dimostrazione che le porte aperte agli immigrati hanno trasformato l’Italia nel paese della cuccagna. E le cosche si sono subito infiltrate nel business

L'allarme sugli sbarchi  
Se il buonismo diventa 
un regalo alla mafia

Piatto ricco mi ci ficco. Così deve aver pensato la banda mafiosa che fa capo a Paolo Brunetto alla vista del­le ondate di clandestini che quotidianamente si riversa­no sulle nostre coste. Deci­dendo di trarne profitto, il clan aveva infatti messo in piedi un servizio che gestiva gli sbarchi in Sicilia. Tutto be­ne finché, nella notte tra do­menica e lunedì, un loro na­tante che stava sbarcando 124 egiziani è stata sorpreso - sul fatto - dagli agenti della polizia giudiziaria di Siracu­sa. Diciannove i fermi e quat­tro gli indagati. I 124 egizia­ni, ovviamente, sono stati ac­colti e andranno ad aumen­tare le migliaia e migliaia di clandestini che con la scusa della «primavera araba» la primavera e possibilmente le stagioni a seguire intendo­no trascorrerle dalle nostre parti. Sull’interesse della mafia al traffico di immigrati clan­destini - pare certo che il clan Brunetto non sia il solo a gestire l’affare-sarebbe bel­lo sapere cosa ne pensa il gu­ru Roberto Saviano o qual­che esponente di quella par­te politica e sociale che sul problema dell’immigrazio­ne è per le porte spalancate e l’«avanti c’è posto».

Non si sentono un po’ complici, quantomeno nella forma di quel concorso esterno in as­sociazione mafiosa che tan­to si porta nelle Procure, coi picciotti e le coppole storte che si son messe nel lucroso business delle così dette car­rette del mare? La mafia mi­ca è una onlus: senza la pro­spettiva d’un guadagno non si scomoda. E da cosa è ga­rantito il guadagno? Dai pia­gnistei umanitaristici, dalle lagne terzomondiste, mul­tietniche e multiculturali che rappresentano il più sua­de­nte incentivo all’immigra­zione clandestina: comun­que vada, il piede lo si posa, sul suolo italiano. E appena posato comincia il valzer del­l’accoglienza premurosa (che comprende anche l’im­mancabile «supporto psico­logico »), anticamera della permanenza a oltranza. Su­bito accordata se si riesce poi a infilarsi nella lista dei perseguitati politici. Quan­do la gran parte dei nuovi ar­rivi, come scriveva ieri il di­rettore Alessandro Sallusti, è caso mai perseguitata dalla polizia per reati comuni.

Se quelle lagne, se quei pia­gnistei non si levassero con tanta molesta insistenza, se le sedicenti carrette del ma­re fossero fermate ai limiti delle acque territoriali o se, in ultima analisi, mezz’ora dopo lo sbarco i clandestini fossero nuovamente imbar­c­ati e rispediti ai porti di origi­ne, non vedendovi l’affare la mafia ne sarebbe fuori. Se ne è dentro, se ha allestito una flotta, se ha assoldato inter­mediari extracomunitari e se stipendia dei procacciato­ri in Egitto e in Tunisia è per­ché, assordata, rimbambita dal buonismo terzomondi­sta, il nostro è diventato, per chiunque voglia - e per qua­lunque ragione, spesso in­confessabile - emigrarvi clandestinamente, il Paese della Cuccagna.



Dopo la reta­ta del clan Brunetto, appare evidente che l’insistere per mantenerlo tale non è più un omaggio agli ideali terzo­mondisti, ma il tenere bordo­ne alla mafia, consentendo­le nuove fonti di guadagno e dunque di criminale svilup­po. Se non è correità, questa, assai poco ci manca.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica