L'arma della normalità contro lo stile confusione

In passerella è il caos, ma ci sono stilisti pronti a reagire. Cucinelli: «Si torni a più equilibrio»

Lucia Serlenga

«La forma di governo più adatta a un artista è l'assenza di qualunque governo» diceva Oscar Wilde. Ma altro che governo: nella moda di oggi si assiste alla crescita esponenziale di un caos di cose esagerate e spesso senza senso, proposte e vendute a gente che si convince di averne bisogno e di doverle possedere prima ancora di averle viste, provate, fittate sul proprio corpo. E questo avviene velocemente attraverso l'opera astuta e raffinata di modaioli intossicati dalla tendenza, di gente contagiata dalla smania del «lo voglio a tutti i costi» che ha colpito soprattutto i giovani nell'ultima decina di anni e che ha reso precipitoso e angosciante il cambio vorticoso di idee, di direttori creativi e di amministratori delegati.

Ma una moda fatta di modelli cotti e mangiati scottandosi la lingua, di collezioni vuote e superficiali nonché distanti dalla gente reale, non ha futuro. Rischia di ridursi a una sfilza di prodotti senz'anima. Così mentre alcune aziende si preoccupano di ribadire che alla base delle nuove collezioni c'è il rispetto dei propri codici identificativi, altre - e sono la maggioranza - si arrendono al caos creato da stylist, blogger, creativi in cerca di una legittimazione. E presentano collezioni dove s'inventa tanto ma non si crea nulla. È corretto parlare di anarchia dello stile? «Siamo lontanissimi da questa nobile parola che aveva prodotto per esempio un movimento come il punk, espressione di un disagio sociale e di una nuova estetica. Oggi il punk visto come tendenza in alcune collezioni cosa comunica? Nulla» dice Manuela Mariotti direttore creativo del brand Dondup. È difficile credere nella bontà di alcune boutade stilistiche come per esempio le spalle robotiche che piacciono alla generazione Y, a quei nativi digitali che vivono il tempo presente e consumano a una velocità stratosferica. Ma anche ai fan del repechage di epoche recenti se non recentissime. «La moda di oggi è pattumiera: senza idee, creatività, buon gusto». Non è moda, dice Mariotti. «C'è una mancanza di riferimenti culturali in quanto la moda di oggi è ossessionata dal dover cambiare velocemente. Come se dietro il nostro lavoro ci fosse assenza di pensiero e adorazione per il dio prodotto realizzato senza velleità artistiche» riflette il designer Alessando De Benedetti, 43 anni, talentuoso direttore creativo chiamato a traghettare lo storico brand Mila Schön nei nostri tumultuosi tempi.

Come se ne esce? Ce lo indica Brunello Cucinelli che riflette sugli ultimi tre decenni. «Abbiamo vissuto una pesante crisi di valori con livelli esasperati di consumismo e tanto malessere interiore. Oggi abbiamo bisogno di tornare alla normalità». Secondo l'imprenditore filosofo ci vogliono più silenzio, meno connessioni, meno lavoro per ritrovare la retta via in tutti i sensi, compreso quello estetico: «Io non vedo nero. Non è un caso che fra i giovani cominci a rispuntare l'idea di scrivere a mano, Google decida di aprire seicento librerie cartacee e si senta forte il desiderio di una quiete ispiratrice». È tempo di accantonare il concetto di globalizzazione a favore dell'universalità del mondo senza assecondare una corsa esasperata della crescita.

«Del resto l'umanità produce oltre 80 miliardi di pezzi di abbigliamento e gli abitanti del nostro pianeta sono solo 7 miliardi e mezzo» dice Cucinelli asserendo che ora abbiamo bisogno di un nuovo equilibrio. È tempo di proposte pensate non per dare spettacolo ma per vestire una semplicità accattivante e moderna.

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