Da quando il povero Adamo fu costretto a sloggiare dal Paradiso ogni autore che si è trovato a bordeggiare le coste dellutopia ha sempre immaginato un paese senza lavoro, o quasi. Anche il nostro Pierre Drieu La Rochelle nel suo racconto Vietato uscire, scritto alla fine degli anni Venti del secolo scorso, ipotizza un mondo - quello dei nostri anni Sessanta... - in cui «lordine stabilito nella produzione e nellabbondanza delle macchine avevano ridotto a poche ore settimanali il lavoro». Non solo, con una vita media di centanni, il lavoro veniva «svolto solo da persone fra i venticinque e i quarantacinque anni». Altro che scalone e scalini per poter andare in pensione.
Daltra parte quando si sbarca nellimmaginario le logiche economiche si svalutano rapidamente. Nella Utopia, scritta da Tommaso Moro agli inizi del Cinquecento, la giornata lavorativa era di solo sei ore. Troppo poche per produrre tutte le «cose necessarie»? «Al contrario, queste sei ore - risponde Moro - sono non solo sufficienti, ma anche di troppo per produrre in abbondanza tutto ciò che si richiede, sia per i bisogni che per i comodi dellesistenza». Ma quel «di troppo» ingenerò subito il sospetto di trovarsi di fronte a un «orario» di lavoro oneroso, ancorché utopico.
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