La Lazio ricorre ad arringhe fiume Il legale: «Zitto Lotito, tocca a me»

«Il nostro presidente non chiedeva vantaggi, ma solo che gli arbitri non facessero errori»

da Roma

Chi invece si difende con le unghie è Claudio Lotito. Mercoledì era intervenuto debordante in prima persona, ieri ci ha pensato il suo difensore, l’avvocato Gian Michele Gentile che alle 18,45, quando ormai si avvicinava la chiusura della giornata prevista per le 19, quasi controvoglia, ha preso la parola con un’arringa di un’ora e 35 minuti. Avrebbe voluto parlare questa mattina, Gentile, ma le insistenze di Ruperto («andiamo avanti fino a mezzanotte», salvo poi chiedere alle 20 quanto tempo gli restasse ancora) hanno fatto sì che il difensore dei biancocelesti diventasse altrettanto debordante, in modo più elegante però. Un’analisi pignolesca, quella di Gentile che ad un certo punto ha pure zittito Lotito che gli stava vicino (tra loro l’avvocato Domenico Siniscalchi): «Zitto tu, hai parlato ieri, ora parlo io».
L’arringa del difensore biancoceleste è stata tesa a negare interventi illeciti di Lotito, con le presunte pressioni sui designatori, attraverso i vertici federali, per ottenere arbitraggi favorevoli. Così come il tenore delle sue tante telefonate che, secondo il legale, altro non erano che colloqui istituzionali, o quasi, senza mai che vi fosse una sia pur minima violazione del famigerato articolo 6. Con pazienza certosina Gentile ha esaminato parola per parola quanto riportato nel deferimento del Procuratore Palazzi, contestando e smontando (secondo lui) tutte le accuse. A cominciare dall’appartenenza alla cupola moggiana, negata visto, dice l’avvocato, lo spessore del personaggio Lotito, entrato nel mondo del calcio come un elefante in cristalleria, con una serie di colleghi presidenti e dirigenti che nelle riunioni in Lega non lo consideravano più di tanto. Ma proprio questa era, secondo Gentile, la forza di Lotito che, «riformatore e moralizzatore della Lazio, avrebbe voluto portare il suo credo e la sua filosofia anche nel mondo del pallone, un presidente di società che, a differenza dei colleghi, a Natale non mandava doni natalizi a nessuno, né arbitri né dirigenti».
Prese in considerazione tutte le telefonate e le dichiarazioni di Manfredi Martino, il funzionario romano della Can che aveva notato irregolarità nei sorteggi e nelle griglie arbitrali. Esaminate soprattutto le telefonate a Franco Carraro, con Lotito costretto a chiedere il telefonino dell’ex presidente Figc a Innocenzo Mazzini. Telefonate che, è sempre il difensore biancoazzurro ad affermarlo, avevano il carattere della istituzionalità, perché Lotito non chiedeva vantaggi, ma solo che gli arbitri non commettessero errori rilevanti contro la Lazio. «Insomma, una forma di tutela per la società, atteggiamento assolutamente legittimo». Gentile ha poi evidenziato il rapporto con Mazzini, una sorta di «compagni di merenda», dove il pittoresco ex presidente Figc usava con l’amico romano un linguaggio boccaccesco o comunque particolarmente colorito. Quanto alle partite incriminate con Chievo, Parma, Bologna e Fiorentina, quelle che potrebbero portare la Lazio in B, Gentile le ha vivisezionate, leggendo tutte le registrazioni e le dichiarazioni dei calciatori avversari che affermano di non aver riscontrato nulla di strano nell’andamento della gara. Un modo per scagionare Lotito, che - conclude il legale - mai ha fatto pressioni per avere un arbitro e che, men che meno, ha mai telefonato o parlato con un direttore di gara.

Gentile ha cercato di smontare anche la famosa frase tra Lotito e Diego Della Valle: «Proposta oscena, da bandito», riferita ai diritti tv e non all’illecito sulla gara tra biancocelesti e viola. E, puntuale come un orologio svizzero, Gentile alle 20,20 conclude la sua arringa, non senza aver prima chiesto il proscioglimento di Lotito dall’accusa di illecito.

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