«Leadbelly» Rossi, un italiano con l’anima nel Mississippi

Il suono della chitarra è duro, anarchico perché rifugge le regole armoniche giocando tutto sul ritmo, pescando nei brumosi umori del Mississippi, accompagnato a tratti da una secca batteria e da un basso. Trae linfa vitale dalle radici ed arriva ai suoni elettrici disperati di R. L. Burnside passando per Fred McDowell. Angelo Rossi (detto Leadbelly come il picaresco cantore blues) non è artista che rischi di seguire la moda. Lui segue fedelmente la musica del Diavolo, che definisce «ossa doloranti come vecchi ricordi di amori traditi nei deserti dell’anima». È un’icona per chi ama il blues che si rinnova abbeverandosi alle sorgenti. Fuori dai circuiti ufficiali tiene decine di concerti - gli ultimi al Boogie Club di Roma e alla Locomotiva vicino a Milano - e il suo nuovo album I Don’t Want to Take Nothing With Me When I’m Gone è un gioiellino.

Naturalmente per chi ama i brutali e sgangherati lampi chitarristici di Lost In Mississippi e Slowly Stuff Blues, quelli acustici ma tonanti del traditional Cherry Ball Blues o Don’ Shut Your Door personalizzati secondo la sua sensibilità. Perché Rossi non è un clone di altre culture, è uno che suona «sudore e sangue» che sgorgano direttamente dall’anima. E pazienza per chi pensa che sia solo rumore.

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