L'effetto placebo tra mito, scienza e novità

L'effetto placebo tra mito, scienza e novità

Oggi una lettura inusuale per il nostro rubrichino liberale, ma vedrete decisamente attuale. Trattiamo con Giorgio Dobrilla Cinquemila anni di effetto placebo (Edra Edizioni), un libro scientifico, ma non solo. In un contesto in cui le ragioni della non scienza hanno più appeal delle ragioni scientifiche (i vaccini, gli ogm e potremmo continuare), è utile capire come la scienza sia più complessa di quanto si immagini. Popper ci ha insegnato come il metodo scientifico si nutra della «falsificabilità» delle sue teorie. E mettere sono osservazione la storia delle credenze e degli effetti placebo, ci aiuta a capire, scientificamente, come il nostro organismo (banalizzo) possa scientificamente rispondere a sostanze inerti. La testa conta. Eccome.

Nel corso dei secoli la terapia medica ha subito vistosi cambiamenti, ma i trattamenti di natura placebica, lo zuccherino delle nostre nonne, hanno resistito fino ai nostri giorni. A partire almeno dalla medicina scritta si ricava che il placebo (per definizione composto farmacologicamente inerte) è stato l'unico rimedio cui si è fatto ricorso per curare le malattie. Agli albori della medicina scritta, le cure placebiche erano praticate da sacerdoti, sciamani, maghi, nella convinzione che le malattie fossero un segno dell'ira degli dei. I rimedi placebici erano costituiti non solo da composti più o meno sconcertanti da assumere, ma anche da amuleti, talismani e cerimonie rituali. Quando la medicina diventa empirica, si riconosce, prima, che le malattie non sono punizioni divine (o, almeno, non solo); e, poi, la necessità di capire il perché delle malattie e di ricercare terapie di efficacia basata su prove. Nella prima parte del suo libro Giorgio Dobrilla, Primario Emerito di Gastroenterologia e divulgatore di medicina, tratta abbondantemente di questa evoluzione della materia, ma il merito principale di questo libro speciale è la seconda parte che potremmo definire una specie di «anatomia dell'effetto placebo», nel senso che tale effetto viene analizzato minuziosamente in ogni sua angolatura. Apprendiamo da Dobrilla che l'effetto placebo è la risposta psicofisica del corpo umano al significato simbolico che il soggetto attribuisce alla cura che gli viene prescritta. Il placebo può essere non solo un medicamento da assumere, ma anche la raccomandazione di una persona amata, l'attenzione del terapeuta, il conforto di un sacerdote. Il miglioramento clinico da esso indotto, si aggira in media intorno al 40-50%, con valori massimi nella schizofrenia, nell'ansia e nella depressione. Il volume di Dobrilla si sofferma poi sul ruolo del placebo negli studi clinici controllati che spesso «controllati» lo sono solo di nome e sulla natura placebica delle terapie proposte dalla medicina alternativa.

Per esempio documenta meticolosamente l'Autore con un'aggiornatissima bibliografia dal 2002 al 2017 ogni verifica internazionale indipendente ha «escluso che l'omeopatia sia più efficace del placebo in qualsiasi ambito di patologia». Molto puntuali, infine, i capitoli sull'etica dell'uso del placebo in medicina, sui rapporti tra placebo e psichiatria, tra placebo e fede, e infine, sul possibile ruolo del placebo nel doping.

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