La Lega boccia l’Inno di Mameli e finisce di nuovo sotto assedio

Gobbo, sindaco di Treviso, raccomanda ai suoi: "Non suonatelo a ogni cerimonia". Il ministro La Russa: "Parole da raddrizzare"

La Lega boccia l’Inno di Mameli 
e finisce di nuovo sotto assedio

Il fantasma di Mameli s’aggira per il Nordest. A non trovare pace però sono i politici, che continuano ad azzuffarsi sul suo inno. Classica polemica da ombrellone, quella circa il gradimento della marcetta nazionale, eppure qualcuno non s’è accorto che è già autunno. Gian Paolo Gobbo, ad esempio. Sindaco di Treviso e segretario della Liga Veneta-Lega Nord, sul Corriere del Veneto ieri tuonava così: «Per me l’inno d’Italia non serve assolutamente, perché non è certo quello che contribuisce ad alimentare il senso dello Stato». Quindi? Ecco la controproposta: «I miei dovranno seguirmi: che senso ha chiedere alle bande di eseguire Mameli in tutte le occasioni, dalle inaugurazioni delle scuole alle presentazioni degli spumanti? - ironizza l’esponente del Carroccio -. Da adesso in poi le cerimonie si faranno senza inni». Però, c’è un però. Secondo Gobbo, dalle sue parti detto il «generale» vista la presenza di altri colleghi primi cittadini meglio noti come «sceriffi», meriterebbe un’eccezione l’ingresso nelle nuove caserme. «Per rispetto delle forze dell’ordine». Massì, il Canto degli Italiani val bene un alzabandiera. «Parole da raddrizzare», taglia corto il ministro della Difesa Ignazio La Russa. «Durante la Festa della Libertà che inizierà domani (oggi, ndr) a Milano tutte le giornate si apriranno suonando l’Inno». E aggiunge una nota politica: «Il Pdl non potrà mai stare in una giunta con chi non ha questo rispetto. Dico queste cose sicuro che Bossi, Calderoli e gli altri amici intelligenti della Lega sono d’accordo con me...».
A innescare la miccia stavolta è stato un fatto di provincia. Il primo cittadino di Chiarano, anche lui leghista, Gianpaolo Vallardi. L’altro giorno, dopo aver invitato una piccola violinista romena a suonare l’inno per il taglio del nastro del restauro dell’ex asilo Vascellari (presente il governatore Luca Zaia), Vallardi s’è lasciato andare alla seguente uscita: «Quando sento la strofa “Ché schiava di Roma Iddio la creò...” mi manca il fiato in gola. Troviamo una mediazione - ha rilanciato -: Va bene l’Inno di Mameli, mi pace la melodia, non il testo. Quindi suoniamolo e basta, senza cantarlo». Al juke-boxe patriottico non ha voluto giocare il senatore Pdl Maurizio Castro, che ha sottolineato lo strafalcione: «Tutto questo è demenziale. “Schiava di Roma” non è l’Italia, ma la vittoria».
Insomma, vai a fare l’analisi del testo... Intanto la polemica, per l’opposizione, è servita sul piatto d’argento. «La Lega ama solo le poltrone», entra a piedi uniti il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. «L’inno nazionale non è una musichetta da osteria, ma un simbolo che unifica tutto il Paese. Se non lo amano, si dimettano dal governo». E il capogruppo del Pd in consiglio regionale veneto, Laura Puppato, intravede nell’iniziativa di Gobbo nientemeno che «idee sovversive e progetti inquietanti contro i quali bisogna battersi con tutte le forze. Io sono pronta alla morte!». Così, tanto per smorzare i toni. Peccato che il leghista «di ferro» Flavio Tosi, sindaco di Verona, abbia già tenuto a osservare come «l’inno di Mameli continuerà a essere suonato nelle città venete come in qualsiasi altra città italiana, secondo il preciso protocollo che ne regola l’uso. È una clamorosa strumentalizzazione». Abituato ai terreni scivolosi, il ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan dice la sua: «Non possiamo passare da un fanatismo all’altro. Ci sono persone stonate che forse fanno bene a non cantarlo... Quell’inno, anche se musicalmente non è un gran che, è tanto per ciò che significa per la storia del Paese».
Questione archiviata? Macché: a Curno (Bergamo) litigano in consiglio comunale sulla mozione che prescrive di affiggere le parole di Mameli nelle scuole, promossa dagli ex alleati del Pdl in maggioranza. La sezione locale della Lega sbotta: «L’Italia non esiste, è solo sulla carta».

Il consigliere regionale del Carroccio e vicesindaco dimissionario Roberto Pedretti azzarda: «Non crediamo che un inno possa unire una nazione: quello che unisce sono le leggi, gli usi e i costumi». A dividere ci pensa Mameli.

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