La Lega: «La Liguria è una regione del Sud»

I risultati non sono ancora definitivi che già i leghisti hanno la faccia scura.
Francesco Bruzzone il segretario regionale è amareggiato: «Io rispetto la volontà degli elettori, ma prendo atto che la Liguria si conferma regione del Sud, non ne vuole proprio sapere di affrancarsi e scegliere la produttività come il Nord». Bruno Ferraccioli il segretario provinciale invece è furioso: «Guardi, a caldo riesco solo a dire che aveva ragione Silvio Berlusconi: sono dei coglioni». Perché, ecco, aspettarselo se lo aspettavano, la Liguria è rossa, il centrosinistra ha la forza della mobilitazione «e ha impostato la campagna elettorale sullo spauracchio che la nostra riforma costituzionale avrebbe spaccato il Paese, falsità». Ma insomma, pensavano che i liguri almeno questa volta non avrebbero seguito l’ordine di scuderia, «se non altro perché questa classe dirigente ha dimostrato di non avere credibilità, dal disastro della Sanità in Regione alla gestione della questione nomadi in un Comune che non ha un progetti di città che non sia quello di farsi dare soldi a pioggia da Roma». E invece.
«La Liguria oggi ha rinunciato a essere parte dell’area produttiva del Nord - segnala Bruzzone -. Hanno vinto le truppe cammellate. Del resto me lo aspettavo: che questa si fosse trasformata in una battaglia solo ideologica era già chiaro dagli insulti che ci sono stati rivolti ai gazebo, ci urlavano di tutto per pregiudizio, solo perché vedevano le bandiere della Casa delle Libertà. La verità è che la sinistra non aveva argomenti tecnici per contestarci e, anzi, concordava con la nostra riforma, che recepisce gran parte delle proposte della bicamerale di Massimo D’Alema». Inalberato Ferraccioli: «È evidente che la Liguria non fa parte della questione settentrionale. Il centrosinistra tiene i liguri sotto il tacco del mancato sviluppo perché se nascesse una vera classe imprenditoriale darebbe lo scossone. E i liguri non hanno avuto il coraggio di cambiare, né capacità critica».
La vede all’opposto il presidente del consiglio regionale Mino Ronzitti, secondo il quale «l’alta affluenza alle urne e la vittoria del No in misura così straordinaria a Genova e in Liguria confermano il grande senso delle istituzioni democratiche radicato nella nostra regione e la coscienza del valore della Carta Costituzionale nata dalle lotte di Liberazione».
A sentire gli altri esponenti dell’Unione però, viene il dubbio che la vittoria del No servisse a difendere non tanto la Carta quanto un governo nato da un quasi pareggio. Se Luca Parodi, rappresentante del Comitato del No per la Margherita, invita il governo «a trarre da questo voto l’indicazione per andare avanti più forte» e i partiti «a cogliere il messaggio che vincono se sono seri e chiari», Claudio Burlando il presidente della Regione esulta: «Altro che la spallata evocata dall’opposizione», poi però mette in chiaro: «Adesso che ha inizio l’azione di governo, corroborata da questo risultato, sarebbe sbagliato che lo si interpretasse come un invito a lasciare le cose come stanno. Sta a noi, Regioni e Unione, avviare un percorso di dialogo per un serio processo di riforma della seconda parte della Costituzione».

La dichiarazione del sindaco di Genova Giuseppe Pericu poi, è di quelle che avrebbe potuto pronunciare anche Umberto Bossi: «Resta ineludibile una riforma della seconda parte della Costituzione: occorre una chiara presa di coscienza dell’esigenza di un rafforzamento dell’esecutivo e di un superamento del bicameralismo perfetto, in una logica che garantisca le autonomie locali e loro articolazioni».

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