Lo sforzo dice quanto sia complicata la situazione: la Lega sarebbe pronta a turarsi il naso e sottoscrivere addirittura un’intesa con Casini (un piatto indigesto per gli stomaci padani) pur di mettere fine all’«indecente teatrino» cui ha dato vita Fini e andare al voto quanto prima. È questa l’ipotesi a cui lavorano i vertici leghisti insieme a quelli del Pdl. La Lega non ha dubbi, le urne sono l’unica soluzione per il pantano in cui si è ficcata la maggioranza. Il ministro Maroni è pronto a mettere in moto la macchina elettorale nel più breve tempo possibile, anche se ovviamente la data del probabile voto anticipato non dipenderà dal Viminale.
Tutto è precipitato dopo l’attacco rivolto da Fini alla Lega su vari fronti: la Padania come invenzione linguistica, l’illegalità sul «condono» per le multe agli allevatori, il nordismo che penalizzerebbe il Sud, le Province sopravvissute al promesso taglio causa impuntamento leghista. Anche i più inclini alla mediazione, come Roberto Cota, incaricato da Bossi di parlare con Fini per trovare una soluzione, ora vedono scuro: «La situazione è molto difficile - ammette Cota- è le parole di Fini pesano come macigni». Trangugiare l’amaro calice dei centristi significherebbe, anche per la Lega, assicurare numeri certi pure al Senato, dove il sistema elettorale potrebbe giocare qualche tiro mancino al duo Pdl-Lega (mentre alla Camera è scontata la vittoria). Una formazione tipo il Polo del buon governo del ’94, con il Pdl schierato in tutta Italia, la Lega nei collegi del Nord e l’Udc in quelli del Sud, permetterebbe di neutralizzare l’unico vero problema posto dal nuovo partitino di Fini: i seggi del Senato in palio al Sud.
Il bacino elettorale di Fini, infatti, è tutto lì, tra Sicilia, Campania e Calabria (per questo Luca Zaia, anche lui pessimista sul futuro dell’attuale maggioranza, parla di Fini come «l’illustre rappresentante della questione meridionale»), guarda caso proprio dove è forte l’Udc di Casini. In cambio, da Berlusconi, la Lega otterrebbe l’ok per le elezioni immediate, l’opzione che la base leghista sta chiedendo con sempre più forza e sempre maggiore impazienza. «Si va a votare oppure si sceglie un pantano - riassume Paolo Grimoldi, deputato e leader dei Giovani padani -, perché tale sarebbe sia che si varasse un governicchio di transizione sia che la maggioranza andasse avanti così, con i finiani che fanno il gioco della sinistra». Su Radio Padania e nei circoli del movimentismo padano soprattutto giovanile, il voto viene chiamato con parole a dir poco colorite, riferite soprattutto a Fini, identificato come traditore e nemico del Nord.
Le linee guida dell’azione nei prossimi giorni sono uscite dall’incontro di Arcore ieri sera, con Bossi, Calderoli, Maroni e Berlusconi. «Se Berlusconi dava retta a me e andava alle elezioni - spiega - né Fini, né Casini, né la sinistra... tutti quanti scomparivano. La situazione ora è difficile, così è dura andare avanti», ha detto ieri Bossi al Tg2. Segno che il voto è visto come l’unica carta valida. Così anche Maroni: «Un patto di governo c’è già ed è quello preso con le elezioni. Col discorso di Fini c’è stata la fine traumatica della maggioranza, io sono per l’immediato ricorso alle urne».
Certo, la Lega sarebbe per andare da soli col Cav, ma qui serve anche una buona dose di real politik e capacità di compromesso. Anche perché, dice un alto esponente leghista, «i democristiani in fondo sono più affidabili di uno come Fini».
L’altra ipotesi che si fa, è che sia la Lega ad accelerare sul voto anticipato, sparigliando la questione di chi sarebbe stato, tra Berlusconi e Fini, il primo a fare la «mossa» verso le elezioni anticipate. Bossi si assumerebbe l’onere di far cadere una maggioranza ormai azzoppata dal tradimento (meridionalista) finiano. Una via che però presenta delle controindicazioni, soprattutto per il premier. Certo, converrebbe alla Lega, che dimostrerebbe così al suo popolo di tenere più agli interessi della Padania che alle proprie poltrone.
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