La legalizzazione del degrado

Pare proprio che i ministri Turco e Ferrero stiano riuscendo nella non facile impresa di peggiorare la legge Fini-Giovanardi. Del resto, questa strategia di avvicinamento alla legalizzazione delle droghe ingiustamente definite leggere, era stata già annunciata all'insediamento dell'attuale governo.
La prima tappa è stata santificare l'uso terapeutico della marijuana, quando la letteratura scientifica più avanzata e i provvedimenti già attuati in altri Paesi - Svizzera, Gran Bretagna, Olanda, Canada e anche Stati Uniti - dimostravano evidenze molto chiare: la prima è che non ha senso somministrare «canne» negli ospedali; la seconda è che le pastiglie di cannabis sintetica costano molto (in Usa otto euro l'una) e dimostrano un'utilità pressoché nulla, tant'è vero che sono poche le case farmaceutiche disposte a scommetterci; terzo è che si è creato, specialmente negli Usa, un mercato nero fiorente di queste sostanze; quarto, è che la cannabis va associata alla morfina sennò è inefficace e che, comunque, esistono altri antidolorifici, o antiemetici o farmaci per accrescere l'appetito molto più efficaci.
La seconda tappa è quella a cui abbiamo assistito ieri. I lettori devono sapere, qualora ritengano che le droghe minano alla radice il processo di crescita dei giovani e rendono le situazioni di disagio sempre più estreme, che questo provvedimento porta dritto alla legalizzazione. L'unico modo che una legge ha per combattere la diffusione delle droghe è stabilendo un limite certo fra consumo e spaccio e prevedendo, per l'uno, sanzioni amministrative e rieducative e, per l'altro, condanne penali. Se non poniamo questo limite, la figura di consumatore è di fatto indistinguibile da quella dello spacciatore e chiunque, ad esempio, ha grosse quantità di marijuana può con facilità rivendicare la sua condizione di consumatore e non venire sanzionato. È quello che è avvenuto in questi mesi di applicazione della sciagurata legge Giovanardi-Fini, che lasciava anche a chi detenesse grossi quantitativi l'opportunità di evitare il carcere invocando l'uso personale. Altro che ragazzini dentro per uno spinello! Il risultato è stato vedere spacciatori in libertà e, se questo in qualche caso è stato evitato, si deve all'esperienza e alla capacità di quei giudici che non si sono fatti abbindolare dalla strategia difensiva degli spacciatori.
Tutto ciò è fortemente peggiorato dal provvedimento del governo che, come rimedio al problema della diffusione della droga nella nostra società, stabilisce che è possibile girare con quaranta «canne». È evidente a tutti che chi le possiede non è il ragazzino adolescente che va in discoteca, che questa decisione del ministro copre moltissimi casi di spaccio e che è un'altra, irresponsabile tappa di avvicinamento al vero obiettivo di questi signori: legalizzare le droghe in questo Paese. Famiglie, scuole, educatori, società civile, svegliatevi e state in guardia. C'è di che temere.
Un'ultima considerazione. Sarà che il mio punto di vista è particolare, ma a me sembra che, paradossalmente, le persone con più possibilità di essere presenti a se stesse e alla realtà (di cui hanno una visione profonda ed obiettiva) siano proprio quelli che provengono dalla strada, dal carcere e da situazioni di droga e che vogliono risollevarsi.

Ciò avviene perché si rendono conto che la loro vita non può essere riempita dai miti dell'immagine, del successo e del denaro, ma che si è tanto più ricchi quanto più riusciamo a costruire rapporti umani profondi e significativi. Il fatto che dobbiamo sprofondare nel degrado prima di renderci conto che quello che più conta sono i sentimenti, è veramente sintomo della nostra straordinaria decadenza.

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