Leggi ad personam? No, piuttosto reati ad personam

Gentile dottor Granzotto, sento: Berlusconi indagato per la sfruttazione della prostituzione... incontri a pagamenti... orge e varie. Sul abbastanza importante giornale come Messaggero tutti beati giorni escono gli annunci delle prostitute italiane cinese, brasiliane transessuali (sono divisi tra messaggi-trans il testo tipo vieni... troverai sorpresa grossa... e relazione sociale mi pare, con il testo tipo sono 5 misura naturale, faccio tutto, ecc... ecc). I messaggi coprono quasi 2 pagine e per pubblicarli il Messaggero prende una barca di soldi. Ma non sarebbe questo vero e proprio sfruttamento e il modo esplicito a favorire la prostituzione? E tutti fanno finta di niente...
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Lei ha pienamente ragione, gentile lettrice. E si potrebbe dire di più, ad esempio perché la solerte procura meneghina non persegue - c’è o non c’è questa benedetta obbligatorietà dell’azione penale? - quei soggetti ai quali Ruby ha ammesso d’essersi concessa. Mi pare che della partita facesse parte addirittura un carabiniere, se ho letto bene. Chissà, forse all’ombra della Madonnina la magistratura intende rendere, a modo suo, pan per focaccia. A legge ad personam rispondendo con il reato ad personam. In tal caso sarebbe un bel guaio. Guaio per l’Italia, per gl’italiani e per l’armonia della civile (e democratica) convivenza. Questo perché le leggi - e anche eventualmente quelle sprezzantemente definite ad personam - le fa il Parlamento, non a caso titolare del potere legislativo. I magistrati, invece, hanno un solo diritto-dovere: quello di applicarle, le leggi. Possibilmente con serena equanimità, franchi da qualsivoglia pregiudizio. Abbiamo già osservato che per la famosa telefonata notturna, quella che ha dato la stura al «caso Ruby», Berlusconi è stato incriminato per concussione avendo, secondo la procura meneghina, abusato della propria posizione per indurre qualcuno a concedere un vantaggio a terza persona. Agli atti ciò non risulta, ma fa lo stesso. Però, come mai la stessa ipotesi di reato non fu dalle pur occhiute toghe rilevata nella telefonata che in qualità di terza carica dello Stato Gianfranco Fini fece alla Rai per ottenere - ottenendolo - seppur con le dovute maniere e senza minacciare nessuno, per carità, che l’ente pubblico stipulasse un contratto da un milione e mezzo con donna Frau, sua suocera di fatto? Se lei, gentile lettrice, s’aspetta dunque la giustizia giusta, si metta pure il cuore in pace. Berlusconi non è il proprietario del Messaggero, né della Repubblica o del Corriere ai quali giusto ieri Vittorio Sgarbi rimproverava quanto lei rimprovera al quotidiano romano. Non essendolo, nei confronti di quei giornali si sospende l’obbligatorietà dell’azione penale. Il magistrato potrà sempre dire di non averne avuto il tempo, preso com’era a cercare nell’uovo di Arcore quel pelo in grado di «fare giustizia».
Restando al Messaggero, una cosa però si può dire e cioè che se langue l’azione della magistratura potrebbe almeno attivarsi Pierferdinando Casini il quale, essendo maritato Caltagirone, della famiglia proprietaria del giornale è un affine. Quanto Casini tenga in conto il rigore etico, i buoni sentimenti cristiani e la virtuosa condotta di vita è cosa nota al suo elettorato cattolico che del resto quello pretende dal proprio leader. E allora, forte del suo seguito, forte della sua autorità politica (capo dei terzogambisti, mica bruscolini) possibile non riesca a forzare la mano all’editore-suocero e spazzar via dal quotidiano le sozze, immorali - e anche in odore di illegittimità per palese favoreggiamento del meretricio - inserzioni ad altissimo tenore di sesso a pagamento? «Denari e santità metà della metà» recita l’adagio.

Ma qui, quanto a santità a parole siamo al doppio del doppio, nei fatti, però, allo zero virgola. Niente a confronto di Fini, però sempre troppo poco per poi permettersi di fare il moralista col Cavaliere.
Paolo Granzotto

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