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Leggi razziali, sulla Chiesa Fini sbaglia

Le leggi razziali segnarono una svolta decisiva nella storia del regime fascista italiano. Esso era stato unadittatura, ma non un’alternativa alla civiltà cristiana. Con le leggi razziali il fascismo si allineò al nazismo che si collocava interamente al di fuori dell'orizzonte della Cristianità. E come tali furono avvertite dal popolo cattolico italiano.
Così vennero intese da quel "senso dei fedeli" che esprime il popolo di Dio e ha, per dir così, l'istinto della fedeltà alla fede. Pio XI aveva già dichiarato la rottura del fascismo con la tradizione italiana alla venuta di Hitler a Roma: aveva lasciato la città per non vedervi risplendere, come egli disse, «una croce che non è quella di Cristo».
Quando il Papa disse «noi siamo spiritualmente dei semiti», parlava da Papa ed esprimeva il sentimento profondo del popolo cattolico.
Il razzismo nazista era la negazione del Cristianesimo: e, se il popolo cattolico non avesse avvertito la consonanza con il Papa, avrebbe mancato alla sua qualità essenziale di testimone della fede. L'azione di Mussolini era intesa a cambiare il cuore cristiano del popolo italiano e lo si vede nel fatto che le leggi razziali furono introdotte, anche e soprattutto, per ottenere che in Etiopia gli italiani si comportassero come gli anglosassoni e non si unissero carnalmente alle donne etiopi.
La differenza tra cristiani ed ebrei fondata sulla tradizione e sulla storia non impedì al popolo cattolico di comprendere l'ingiustizia della persecuzione razziale quando essa divenne violenta. L'antigiudaismo dei cattolici non era antisemitismo né mancanza di solidarietà umana. La fraternità spirituale e dottrinale con gli ebrei che ora brilla nella posizione della Chiesa sull'ebraismo fu anticipata dal popolo cattolico italiano con la solidarietà agli ebrei perseguitati quando con l'occupazione nazista ci fu l'attacco diretto alle loro vite e ai loro beni. Fu il nazismo a rendere chiaro che la soppressione fascista delle libertà civili e democratiche era stata la possibilità per il regime che aveva sottoscritto i Patti Lateranensi di diventare uno strumento del razzismo.
Il popolo cattolico italiano percepì l'incompatibilità del nazismo con il Cristianesimo nonostante il favore che quei regimi totalitari concedevano alla Chiesa. Il passaggio tra fascismo e antifascismo nel nostro Paese ha radici nella comprensione del fatto che il razzismo nazista è la negazione della tradizione cattolica e dell'Italia come nazione cattolica. Se Pio XII non proseguì la linea del linguaggio diretto contro il nazismo parlato da Pio XI di cui era stato il segretario di Stato, è dovuto a un fatto solo: lo scoppio della guerra che impose alla Santa Sede il dovere della neutralità. Non poteva la Chiesa diventare un movimento politico di resistenza civile al totalitarismo a causa della sua natura metapolitica. Non poteva fare dell'antinazismo un motivo di insurrezione dei cattolici contro gli Stati totalitari europei. Ne sarebbe nato un conflitto totale dato appunto il carattere di questi Stati, per di più complicato dalla guerra in corso. Ma l'attentato contro Hitler del luglio '44 fu opera di cattolici e la Santa Sede ne era a conoscenza.
Le parole del presidente della Camera sul silenzio della Chiesa partono dal concetto che essa sia un soggetto politico, con un suo diritto di insurrezione e alternativa al governo. La Chiesa non ha mai predicato un'insurrezione armata in nome della fede, nemmeno contro i regimi comunisti. Ha sempre sostenuto che debba essere rispettata in essi l'esigenza del governo della società, anche se i loro principi sono fondamentalmente anticristiani. Il presidente della Camera solleva il problema della responsabilità della Chiesa verso il razzismo e l'antisemitismo non tenendo conto della realtà propria della Chiesa e della sua particolare realtà istituzionale. La sua politicità è diversa da quella dello Stato e della nazione.



bagetbozzo@ragionpolitica.it

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