Del Barcellona ha giusto i colori sociali blaugrana. Per il resto, al Levante non c'è l'ombra di campioni o coppe in bacheca. Qui è regno di carneadi del pallone. Eppure al comando della Liga ci sono loro, il vecchio capitano Ballestreros e i suoi compagni d'avventura. Roba che manco alla Playstation...
A volte il calcio sa trasformarsi in favola. Così una squadra composta da semisconosciuti prossimi alla pensione mette in fila gente come Messi e Ronaldo. La classifica dopo nove giornate di campionato non mente: Levante primo con 20 punti, Real Madrid secondo a 19, Barcellona terzo a quota 18. Non era mai successo in 102 anni di storia della "rana", soprannome del piccolo club dei sobborghi di Valencia.
Il tecnico Juan Ignacio Martinez predica prudenza. «Il nostro obiettivo resta la salvezza», risponde ai cronisti che lo incalzano dopo l'incredibile 3-0 rifilato al Villarreal di Giuseppe Rossi. Parole sagge per uno alla prima esperienza nella Liga, dopo tanta gavetta nelle serie minori. Lì dove lo stesso Levante era di casa sino a qualche anno fa.
La rinascita nel 2003, quando dopo 40 stagioni nelle categorie inferiori le "rane" tornano nella massima divisione. Per poco, in verità. Perché il motto della squadra recita un eloquente "soffrire, soffrire, soffrire". E i tifosi rossoblu patiscono sul serio, nel sali e scendi continuo tra prima e seconda serie degli anni Duemila. Intanto al Ciutat de Valencia transitano molte nostre conoscenze: da Storari a Riganò, passando per Cirillo, Tommasi e Gianni De Biasi. Un team più italiano dell'Inter morattiana.
Ma la crisi economica si fa sentire. Il Levante arriva a un passo dal fallimento, poi riparte. Sempre con l'acqua alla gola. Come quest'anno, quando allestisce una squadra da temporary shop. Tutti sotto contratto per una stagione, tranne sette elementi. Di cui solo tre (il portiere Munua, il mediano Iborra e il regista Barkero) dell'undici titolare.
E gli altri? Lavoratori precari o in prestito da altri club. Quasi tutti a fine carriera, come le stupefacenti ali Valdo e Juanlu. O bocciati dai grandi club come il bomber Arouna, fratello povero (si fa per dire) della grande famiglia ivoriana Konè, che regala calciatori alle squadre di mezza Europa.
Cosa manca ai ranocchi del Levante per trasformarsi in principi? Un ultimo miracolo. L'appuntamento è fissato per il 3 dicembre al Camp Nou. Juan Ignacio Martinez sogna lo sgambetto al Barça di Pep Guardiola. Dopo, anche lui smetterà di chiedere il risultato della terz'ultima in classifica. Forse.
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