Milano è la loro città delezione. Non potrebbe essere diversamente se la si considera la capitale indiscussa del prêt à porter mondiale. Milano è stata il loro trampolino di lancio, il luogo che li ha visti nascere, espandersi fino ad arrivare al successo planetario. Ma Milano è cresciuta quanto sono cresciuti gli stilisti? Certo la moda ha dato tanto: ha permesso a Milano di varcare i confini, di diventare una città sempre più internazionale. Se dici Prada, Armani o Dolce e Gabbana dici Italia ma soprattutto sai di parlare di Milano.
È qui che arrivano a frotte per imparare cosè la moda, per rubare il nostro design, il nostro modo di vivere, per acquistare (senza prezzo) la nostra cultura. È qui, e solo qui, che il bel Paese vive in anteprima i cambiamenti di ogni genere: politici, culturali, sociali, modaioli. Tutte le altre città arrivano a ruota. È qui che puoi tentare la fortuna. «Milano sarà sempre la capitale della moda dice Stefano Gabbana che con Domenico Dolce rappresenta una delle griffe più note al mondo -, è una città senza eguali, unica. Siamo i migliori».
È fuori discussione che il binomio Milano-moda abbia dato frutti straordinari. Ma ora è davvero tutto ok? Secondo gli stilisti da fare ce nè. Eccome. «Vorrei che Milano continua Gabbana - fosse sempre più cosmopolita, sempre più allavanguardia. Da un punto di vista architettonico dovrebbe osare interventi più moderni studiati da architetti giovani con idee avveniristiche. Penso a città come Barcellona diventata una metropoli di riferimento. Ma anche a Bilbao che vanta un museo darte moderna come il Guggenheim considerato un capolavoro dellarchitettura del 900 in gran parte progettato al computer dal famoso architetto americano Frank O. Gehry, un fiore allocchiello che potrebbe avere anche Milano». Suggerimenti da tenere in seria considerazione. Lamentele gravi? «Bisogna tenerla meglio, più pulita. E in piazza San Babila bisognerebbe togliere quel mostro di fontana». Comunque sia Dolce e Gabbana su Milano puntano ancora. È recente lapertura del loro ristorante Gold in via Poerio. «Certo che crediamo in Milano. È Milano che ci ha dato la possibilità di essere ciò che siamo oggi».
Una gratitudine che viene riservata anche da Santo Versace: «Tutti noi dobbiamo tanto a Milano. Cosa vorrei per la mia città dadozione? Direi che da un punto di vista culturale offre molto. Non mancano mostre importanti, presentazioni di rilievo, appuntamenti di alto contenuto. Siamo troppo abituati a criticare mentre dovremmo esaltare le nostre eccellenze. E a Milano ne appartengono parecchie». Città senza difetti, allora? «Ha tutti i difetti delle grandi città: traffico, non pulita. Ma se devo chiedere qualcosa a Milano, le chiedo di sorridere. Ha permesso a tanti di crescere, deve continuare a essere così. Deve saper aiutare chi ha bisogno, deve saper tendere la mano».
Anche Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, uno degli otto stilisti internazionali invitati al Mit di Cambridge alla mostra Intimate artchitecture: contemporary clothing design, concorda con Versace: «Milano, da un punto di vista culturale, si sta muovendo nella direzione giusta, di mostre e presentazioni ce ne sono in abbondanza». E aggiunge. «Apprezzo molto il lavoro dellattuale sindaco spiega Krizia - dopo dieci anni in cui non ero daccordo con le decisioni che venivano prese per la città. Milano è sempre in movimento anche grazie alle iniziative dei privati». La stessa Krizia, ogni anno, il primo dicembre, offre ai milanesi, nel suo spazio di via Manin, concerti straordinari e non si contano gli appuntamenti con scrittori e giornalisti. «È importantissimo il contributo di tutti. La città è bella se tutti contribuiscono a renderla tale. Sia per mantenere un certo decoro sia per organizzare eventi. È pur vero che la moda è diventata un punto di riferimento fondamentale per Milano».
Denominatore comune è la necessità davere una città più internazionale. Lo dice a chiare lettere Luisa Beccaria, la stilista tanto amata dalle star hollywoodiane: «Cè bisogno di un respiro più ampio. È vero che vengono allestite molte mostre ma nessuna ha una risonanza che varca i confini. Altre città europee esportano meglio i loro eventi. Ho molta fiducia in Vittorio Sgarbi e il fatto che si stia occupando di Milano è unoccasione per la città. Potrebbe riprendersi dei ruoli che non aveva più. Si dovrebbero restaurare spazi dimenticati come le serre di Palazzo Dugnani, luogo perfetto per mostre e presentazioni».
Per Kean Etro ciò che conta, in questo momento, è la realtà quotidiana. «Basta con la sporcizia e, sopra ogni altra cosa, basta con i graffiti sui muri».
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