La libertà di espressione? Ora i giudici la vietano

Giunge notizia che Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, accusato di istigazione al razzismo dalla Procura della Repubblica, per aver aspramente parlato contro alcuni immigrati e contro la costruzione di alcune moschee, è stato condannato dal Tribunale di Venezia a quattro ila euro di multa, mentre gli è stato vietato di partecipare a pubblici comizi di carattere politico per tre anni.
Ora, se da un lato il Tribunale si è attenuto alle disposizioni di legge, dall'altro lato è proprio la legge che suscita molte perplessità. Infatti, non pare che una disposizione del genere possa ritenersi legittima dal punto di vista costituzionale, perché vieta per almeno tre anni di partecipare «in qualsiasi forma» ad attività di propaganda elettorale per elezioni politiche o amministrative. Infatti, è la carta costituzionale a garantire in qualsiasi forma la piena libertà di espressione del pensiero anche e soprattutto nell'ambito di una competizione politica o amministrativa. Certo, nel caso si commettano reati, la legge ordina che si infliggano determinate sanzioni, ma nessuna sanzione può essere di per sé di dubbia legittimità costituzionale.
Ad aumentare le perplessità sulla norma c’è la constatazione terribile del numero esorbitante delle leggi vigenti in Italia, numero che contribuisce a rendere sempre più difficile individuare le leggi che non sono in linea con la Carta. Si calcola che oggi siano contemporaneamente in vigore circa duecentomila leggi. Ebbene, se si considera che ogni legge è costituita mediamente da venti o trenta articoli; che ogni articolo è composto da diversi commi (almeno sei o sette, in media); e infine che ogni comma contiene due o tre diverse disposizioni, si avrà una pallida idea della giungla normativa oggi esistente in Italia: una foresta impervia al cui interno nessuno riesce a districarsi fino in fondo e con la sufficiente disinvoltura. E se qualcuno lo sostiene, di certo mente.
Si aggiunga che nel nostro sistema il controllo di legittimità costituzionale delle leggi è del tutto eventuale, legato cioè al fatto che nel corso di un giudizio un qualche giudice abbia dubitato di tale legittimità in relazione a una qualche norma: in tal caso, e soltanto in tal caso, rimetterà gli atti alla Corte costituzionale affinché si pronunci sul punto.
Con tale sistema di controllo indiretto ed eventuale (mentre in Germania, per esempio, vige il controllo diretto, in quanto chiunque può chiedere direttamente alla Corte che si pronunci) e con tale esorbitante numero di leggi vigenti, è molto probabile che siano contemporaneamente vigenti in Italia un gran numero di norme in contrasto con la Costituzione e che nessuno lo sappia.
E nessuno lo saprà mai finché, per caso e per avventura, un qualche Tribunale penserà di sollevare la questione davanti alla Consulta. Siccome, però, nella gran parte dei casi i tribunali non sollevano dubbi, accade che le norme, pur illegittime, continuano tranquillamente a far parte dell'ordinamento come nulla fosse. È forse il caso di questa norma che prescrive una sanzione in aperto contrasto non solo con la libertà di manifestazione del pensiero, tutelata dalla Costituzione, ma anche con il diritto civile e politico di esprimere opinioni di carattere politico nell'ambito delle competizioni elettorali di ogni genere ed importanza.
Probabilmente, si tratta di norma che ha trovato scarsa applicazione e per questo non è stata ancora portata all'attenzione della Corte costituzionale. Ciò, tuttavia, non diminuisce l'inquietudine per la grave lesione che ne deriva ai diritti della persona tutelati dalla nostra carta costituzionale.
Non credo, in proposito, che i diritti fondamentali di Gentilini - o di chiunque altro soggetto - valgano meno o siano meno degni di tutela di quelli di un immigrato o di un musulmano.

Se questi hanno diritto di non essere discriminati per il proprio credo religioso o per la razza di appartenenza, l’ex sindaco di Treviso ne vanta uno di eguale intensità a poter esprimere il proprio pensiero futuro anche nelle competizioni elettorali.
Nulla può legittimare questa sorta di raccapricciante mordacchia a futura memoria.

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