La prima libertà

La prima libertà

Mi irrito profondamente quando sento parlare di «Stato laico». Sono parole concettualmente incomprensibili. In una democrazia bisogna usare concetti chiari. In Inghilterra, patria del linguaggio politico, c'è il termine «secular», che tradotto in italiano indica secolare, non laico.
Partiamo dal termine Stato. Esso è definito come la forma storicamente determinata di organizzazione del potere: per parlarne è dunque necessario determinare il tipo al quale appartiene il nostro Stato. Così bisognerà aggiungere, insieme, democratico e costituzionale con la difesa dei «diritti inviolabili dell'uomo» (art. 2 della Costituzione). Nella nostra Costituzione si parla anche di un diritto di professare liberamente la propria fede religiosa e di farne propaganda (art. 19).
Da tutto questo deriva che quel laico, per avere significato, indica uno Stato etico di hegeliana memoria. Lo Stato etico è portatore di valori ai quali tutti devono essere sottomessi, mentre la religione è un affare privato. Ma in uno Stato costituzionale (o liberale) i valori, civili e irreligiosi sono espressi soltanto dalla coscienza degli individui, tutti eguali in una democrazia. Ma da noi pretendono solo ascolto le élites politiche e culturali che credono di avere il monopolio della verità, mentre hanno una cultura vecchia, quella dell'autoritario Stato etico.
Per concludere non c'è da adirarsi se Papa Benedetto XVI ha detto «bandire Dio dalla vita pubblica non è tolleranza». Non è certo il sintomo di un incipiente regime teocratico.

La sinistra ci vuol far ridere o metterci paura.
Un’appendice. Alexis de Tocqueville, tanto citato quanto poco letto, scrisse: «La prima, la più santa, la più sacra di tutte le libertà umane è la libertà religiosa» che non deve essere autorizzata dallo Stato.

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