A differenza di Adrienne Monnier, che aveva fisico robusto da contadina, voce tonante da montanara e vestiva come una madonna del Rinascimento, Sylvia Beach possedeva una bellezza moderna, androgina e nervosa. Una foto di Berenice Abbott del 26 inquadra un volto dal profilo marcato con taglio di capelli alla garçonne. Indossa un soprabito che è una via di mezzo fra una cerata da baleniere e un impermeabile in pelle: ha 36 anni e per il pubblico americano della Abbott è «lamericana di Parigi». Quattro anni prima ha stampato lUlysses, trasformando la sua libreria di rue de lOdeon, la «Shakespeare and Company», nella casa editrice omonima e ora, in quel 26, negli Stati Uniti cominciano ad apparire edizioni pirata dellopera. Proibito dalla censura, non protetto da copyright, lUlisse, che gode fama di libro pornografico e scandaloso, è una manna per qualsiasi editore spregiudicato. Viene venduto di contrabbando, al libraio costa 5 dollari a copia, ed è rivenduto al doppio. Con 250 dollari al mese a Parigi si vive da signori, ma da anni Joyce campa di crediti e donazioni, ha moglie e due figli da mantenere, non ha il senso del risparmio. «Spende come un marinaio ubriaco» si dice di lui.
Anche per questo Sylvia Beach è partita allarrembaggio contro la pirateria made in Usa, ma lunica sua arma è un manifesto di protesta con in calce i nomi della cultura dellepoca. Fra quando viene stilato e quando viene pubblicato, alcuni dei firmatari hanno fatto in tempo a defungere: di qui la controaccusa che «quella bisbetica virago che fa da segretaria a James Joyce» fa firmare i morti... Tra le personalità illustri, molti membri dellAcadémie Française, compreso Hemingway, che ha firmato, ma naturalmente non è accademico. Tra i refusi e Sylvia Beach cè una corrispondenza di amorosi sensi: la prima edizione dellUlisse, 732 pagine, ne conteneva a migliaia e contribuirà alla formazione di una generazione di esegeti.
Ad aprire una libreria, a conoscere Joyce e a divenirne leditore Sylvia Beach era arrivata grazie a Adrienne Monnier, la madonna contadina. Più grande di cinque anni, già nel 15 Adrienne ha aperto, al 10 di rue de lOdeon, la «Maison des Amis des Livres», gabinetto di lettura, centro culturale, biblioteca circolante, cenacolo letterario. La frequentano Valéry e Claudel, Gide e Cocteau, Romains e Fargue, Larbaud e Fort, ci vanno i poeti dadaisti, ci andranno i poeti surrealisti, ovvero sempre gli stessi, ma sotto un nome diverso... Sylvia ne varca la soglia nel 16: ha vissuto tre anni a Parigi, dove il padre, pastore protestante del New Jersey, è in forza alla Chiesa americana, ama lEuropa, è reduce da un viaggio in Spagna. È la nascita di molto di più dunamicizia: di un sodalizio intellettual-sentimentale.
Nonostante venga dato per certo che quello fra la Monnier e la Beach sia stato un grande amore omosessuale, loro non ne hanno mai parlato. Non ve nè traccia in The Letters of Sylvia Beach (Columbia University Press, pagg. 376, euro 19,95), appena pubblicato a cura di Keri Walsh, che raccoglie anche la sua corrispondenza privata, così come nelle memorie da loro scritte. Quelle della Monnier escono ora in italiano, Rue de lOdeon (:due punti edizioni, pagg. 219, euro 12, traduzione di Elena Paul, post-fazione di Edda Melon); quelle della Beach, Shakespeare and Company (Edizioni Sylvestre Bonnard, pagg. 240, euro 26, traduzione di Elena Sagnol Vaccari, introduzione di Masolino dAmico) uscirono qualche anno fa, ricalcando lo schema cronologico delle edizioni originali: il libro della Beach uscirà infatti nel 56, quello della Monnier, morta suicida lanno prima, postumo nel 60.
Entrambi presentano «unironia finto-naïf» per alcuni critici, «un tono di voce così perfettamente naturale» secondo Gide, che concorre alla formazione di una mitologia dellepoca, il racconto di una «generazione perduta», per usare la definizione di Gertrude Stein, dove fra geni veri e presunti, talenti, fuochi di paglia ed eterne promesse, scorre il meglio della cultura artistica. Cè Paul Léautaud con il passamontagna sotto il cappello che definisce Claudel «un curato», Apollinaire che si lamenta perché nelle vetrine della Monnier «non cè neppure un libro di un combattente», Cendrars alla prese con una rivista che non gli vuole pagare le poesie. Ci sono gli incontri nella casa di Gertrude Stein e Alice Toklas, dove le mogli degli scrittori non hanno diritto di parola, ma le amanti sì, i tè in quella di Natalie Barney, «lamazzone di Parigi», dove si incontrano «signore con colletto alto e monocolo», cè Scott Fitzgerald che spende lassegno di un editore per comprare una collana di perle alla moglie Zelda e lei che la regala a una negra con cui balla in un night-club di Montmartre, cè Hemingway che fa vedere le cicatrici di guerra tirandosi giù i pantaloni in libreria, porta «le due ragazze» agli incontri di boxe e organizza la vendita clandestina dellUlisse negli Stati Uniti tramite un amico che vive in Canada...
Partendo dal presupposto, errato, che «le guerre fra scrittori scoppiano abbastanza di frequente, ma di solito finiscono in nulla», queste memorie raccontano soprattutto la superficie levigata di rapporti anche contorti, dove antipatie, gelosie, odî e ripicche la fanno da padrone e alcol, sesso e droga sono merce devastante.
Dirà un testimone dellepoca che «Sylvia Beach dava limpressione di essere disposta a farsi crocifiggere per Joyce, allunica condizione che la cosa avvenisse sulla pubblica piazza». E la definizione della Monnier data da Saint-John Perse, «la serva dal gran cuore delle nostre lettere francesi», ricalcata da un verso di Baudelaire, è infelice, ma ha un fondo di verità.
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