Tutto questo offre al lettore «Mandilli de sæa. Lasagne, pesto, buridda e 97 altre delizie liguri e 10 nazionali», senza trascurare il fascino delle colorite parole genovesi legate direttamente o indirettamente alla gastronomia, di cui l'autore spiega significato e origine. «Mandilli de sæa», per esempio, nome di ricetta «con cadenza da esametro greco» (e con ascendenze arabe per «mandillo»), indica la sottilissima sfoglia di pasta tagliata in riquadri aventi ciascuno le dimensioni di un fazzoletto di seta da signora. E Accame sottolinea la consumata abilità che occorre alla cuoca per servirne due alla volta, fumanti, con in mezzo il pesto o il sugo («tocco»), senza che si raffreddino.
La preparazione delle acciughe marinate riporta alla memoria i piccoli empori in penombra di un tempo, il negozio del pizzicagnolo con i barili di acciughe salate, e i richiami dell'«ancioè», il pescivendolo con il tipico carretto, nelle «strade ancora deserte del mattino». La «sbïra», zuppa di trippa alla sbirra, era il cibo caldo che ristorava e nutriva i «caravana», i facchini, nelle bettole dell'angiporto, di notte, dopo lunghe ore di spossante fatica. E forse il nome si riferisce agli sbirri, così chiamati in passato senza intenti spregiativi, che a loro volta dovevano spesso lavorare all'aperto, al freddo, e cenavano seduti accanto ai caravana.
Franco Accame, «Mandilli de sæa. Lasagne, pesto, buridda e 97 altre delizie liguri e 10 nazionali», De Ferrari editore, pagg. 240, euro 25.
Carla Valentino
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