L'inflazione ci costa 400 euro. Cartello sul pane

Allarme lanciato dalla associazioni dei consumatori per i nuovi aumenti dei prezzi. Tra i rialzi maggiori sono da segnalare quelli del pane, +10% e della pasta (+6,5%). La procura di Roma indaga i produttori per manovre speculative. Il governatore di Bankitalia: "Pericoli per i tassi dei mutui"

L'inflazione ci costa 400  
euro. Cartello sul pane

Roma - Ogni famiglia spenderà circa 400 euro in più all’anno. Sono Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori a fare i conti. "Una vera e propria stangata", commentano sottolineando come i dati di oggi parlano di rincari del 10% per il pane, del 6,5% per la pasta, e poi ancora latte +5,3%, pollame +7,3% e frutta +5,4%. È tempo, dunque, che il governo intervenga: "Una situazione particolarmente critica contro la quale il Governo deve intervenire immediatamente, attraverso un’attività di controllo a tappeto dei prezzi anche con nuovi strumenti concordati come 'sms consumatori', agevolando le vendite dirette produttore-consumatore e avviando una intensa campagna di lotta alle speculazioni, unica spiegazione a rincari di tale portata che, se non verranno fermati, porteranno alla bancarotta migliaia di famiglie", concludono.

Inchiesta a Roma per cartello Manovre speculative su merci. È l’ipotesi di reato prevista dall’articolo 501 bis del codice penale, che potrebbe configurarsi nel quadro degli accertamenti avviati dalla procura di Roma sull’aumento indiscriminato, secondo alcune denunce di associazioni di consumatori, di pane e pasta. Il reato prevede una pena fino a tre anni di reclusione. L’inchiesta del procuratore aggiunto Nello Rossi e del sostituto Stefano Pesci punta a stabilire se dietro gli aumenti di questi prodotti si celi un accordo - cosidetto di "cartello" - di aziende dei rispettivi settori. Il fascicolo processuale, per il momento contro ignoti è stato aperto sulla base di notizie di stampa. La procura, come anticipato nei giorni scorsi, potrebbe sentire i rappresentanti delle associazioni di consumatori.

Confesercenti: "Aumento preoccupante" "L’aumento tendenziale di ottobre va valutato con preoccupazione tenendo conto che influiscono su di esso fenomeni di cui non si vede la fine come le pesanti tensioni internazionali sui prezzi e sulle materie prime e il forte balzo delle tariffe locali e del prezzo dei carburanti. Anche se non va sottovalutato che per la prima volta dopo anni l’Italia nel 2007 manifesta un tasso di inflazione meno sostenuto della zona Euro". Lo afferma in una nota, Confesercenti rilevando che non si "può trascurare ad esempio il fatto che l’aumento delle tariffe locali che colpisce famiglie e imprese viaggia intorno al 4 per cento, con punte di oltre il 10 per cento per voci come quella dello smaltimento dei rifiuti".

Corrono i prezzi della produzione A settembre scorso i prezzi alla produzione sono stati sicuramente "più alti" rispetto all’inflazione. Lo precisa la Federalimentare in merito all’andamento dei prezzi. Secondo quanto rileva l’industria alimentare, nel biennio 2004-2005 i prezzi al consumo del settore hanno mostrato aumenti superiori ai rispettivi prezzi alla produzione. Nel 2006, invece, le due variazioni sono state pressoché allineate, con una marginale prevalenza della dinamica dei prezzi alla produzione. Negli ultimi mesi del 2007, invece, "sulla scorta della forte impennata delle quotazioni internazionali delle materie prime concernenti le filiere cerealicola e lattiero-casearia, l’industria alimentare ha accusato una rapida e improvvisa crescita dei prezzi alla produzione di alcuni comparti, non ancora riversata sui corrispondenti prezzi al consumo".

Confcommercio: "Scontati i dati di ottobre" "Dato largamente prevedibile per effetto degli aumenti delle materie prime energetiche, degli alimentari e della produzione da cui derivano circa i tre decimi di punto dei quattro riscontrati in termini congiunturali, ma al netto di queste componenti l’inflazione rimane sotto il 2%". Questo il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui dati diffusi oggi dall’Istat sull’inflazione.

"Il dato di ottobre, infatti, pur segnalando il riaffacciarsi dei processi inflattivi non ne autorizza una lettura allarmistica. La ripresa dei prezzi legata a prodotti di prima necessità preoccupa per i possibili effetti sui consumi delle famiglie, che già scontano una situazione di bassissima crescita", conclude Confcommercio.

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