L'Inno storpiato dai serbi grida vendetta (in campo)

Prima di Serbia-Italia suonata una versione "stonata" dell'Inno di Mameli. Una vergogna, ma la vendetta sia solo calcistica

L'Inno storpiato dai serbi 
grida vendetta (in campo)

Ci sarebbe da non prenderla tanto sul se­rio la gaglioffata allo stadio Marakana di Belgrado. Si sa qual è il galateo delle tifoserie, quanto possa esser volgare, irridente, violento e oltraggioso il branco urlante degli ultrà. La nostra non fa certo eccezione: dell'italico bon ton di curva e di spalto abbiamo dato e seguitiamo a dare esecrabili saggi cui segue, imancabilmen­te, l'atto dovuto: le ramanzine, il richiamo agli ideali di De Coubertin, allo sport che unisce e non divide, all'esempio di correttezza che l'atleta in campo e il tifoso sulle gradinate sono moralmente tenuti a dare. Però, pur non essendo senza peccato una pietra la dobbiamo pur lanciare contro l'orda e i musici serbi per lo scempio che hanno fatto del nostro inno nazionale. Questi ultimi eseguendolo a bercio d'osteria (Fratelli d'Italia non è un gran ché, d'accordo, ma è il nostro, di inno), i primi producendosi con un uragano di fischi come non se ne erano mai uditi negli stadi della Calcioland. I Moschettieri non si sono fatti intimorire e gli hanno dato dentro col canto, mettendoci più buona volontà del solito. Ma il contropiede, ancorché encomiabile, non ha pareggiato i conti con l'orda serba e la sua plateale manifestazione di disprezzo nei nostri confronti. Cioè, la si giri come la si vuole, di razzismo, la faccenda ultimamente più deprecata e sanzionata sui campi da gioco. Non che la fischiante ostilità meritasse la sospensione della partita, the show­comunque- must go on, chi non lo sa, ma una qualche parola dell'ineffabile monsieur Platini, presidente dell'organo di governo del calcio europeo e al Marakana per 'monitorare la situazione', com'ebbe a dire, questo sì. Siamo comunque certi che assisteremo nel futuro a strette di mano e scambio di gagliardetti tra le formazioni azzurra e serba in segno del scordammoce 'o passato, come prevede in simili casi l'abituale pantomima e può anche darsi che i giocatori se lo scordino davvero, 'o passato. Restano i tifosi. Restano le bande musicali incaricate di eseguire gli inni. Nella prossima occasione potremmo rendergli pan per focaccia, ai serbi: si può stravolgere fino a renderla una tarantella la Nona di Beethoven, figuriamoci Hej Slaveni. E in quanto a fischi alla pecorara, se ci si mette d'impegno non siamo secondi a nessuno.

La tentazione sarà dunque forte, ma tutto sommato c'è più gusto nel colpire i tifosi là dove fa loro più male: in rete, consentendo a noi di assaporare il dolce gusto della vendetta e lasciando che per una volta De Coubertin non si rivolti nella tomba, poveruomo.

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