Lippi: «Non m’interessa esservi simpatico»

Emozionato quando lo paragonano a Bearzot, aggressivo appena si accenna a formazioni e Inzaghi. «L’Australia? La conosciamo, la affronteremo con fiducia»

nostro inviato ad Amburgo

Il bello e il brutto di Marcello Lippi. Il bello è nel salottino della Fifa quando lo riempiono di elogi. E allora lui quasi si emoziona. Perché il paragone è impegnativo. «Nello spirito la sua squadra ricorda quella di Enzo Bearzot» gli fanno. E lui, con la fronte imperlata dal sudore, quasi si emoziona, balbetta addirittura. «È un grande riconoscimento. Magari. Speriamo di andare ancora avanti. Di sicuro questi ragazzi hanno voglia di fare bene e di continuare su questa strada». Il brutto di Marcello Lippi è quando invece si trasferisce dentro l’arena della sala stampa e deve confrontarsi con le domande, scontate e no, che gli arrivano dalla platea. Sulla prima scherza perché capisce che si tratta di un equivoco. Alcuni giornalisti stranieri gli chiedono stupiti: «Ma cosa voleva alla fine Gattuso, voleva picchiarla?». Ridono i colleghi italiani e la risposta diventa la ricostruzione di quel siparietto divertente, con Gattuso che va incontro a Lippi e gli mostra il petto, dandogli uno scossone, dopo il gol di Inzaghi. «Ma no, è il suo modo di dimostrare la sua felicità», spiega il ct ancora nella fase simpatica. Lippi sereno anche più tardi quando conosce il nome della prossima avversaria: «Sappiamo chi sono l’Australia e il suo allenatore. L’abbiamo fatta seguire dai nostri osservatori ma siamo convinti della nostra forza e l’affronteremo con grande fiducia».
I mal di pancia cominciano nel dopogara appena si giunge sul terreno delle domande meno scontate. Cosa è successo a Nesta? Lui intende male la traduzione simultanea. Crede che gli chiedano conto della sostituzione. «Sì, l’ho fatto perché volevo far segnare a Materazzi». Ma appena si rende conto dell’equivoco cambia registro e passa all’informazione sull’infortunio, il vecchio, subito dal difensore che gli toglie dalla rosa uno dei punti fermi, uno dei fuoriclasse del gruppo. «Bisognerà fare grande attenzione» spiega parlando anche al suo staff, al medico e ai massaggiatori. Da quel momento diventa malmostoso, invece di sorridere al mondiale che gli procura la chance di andare verso l’ottavo meno complicato evitando il Brasile. «Io non dico il motivo per cui ho cambiato squadra, non dico la formazione a voi, non la dico a nessuno. Non potevo concedere un grande vantaggio alla Repubblica Ceca che aveva cinque centrocampisti. Dovevo rafforzare quella linea» spiega. E non si ferma più. Non certo per rivendicare i meriti della scelta, ma per rifilare qualche stoccata alle critiche. «Io non sono qui per risultare simpatico o antipatico, io sono qui per lavorare per conto della nazionale e andare avanti contando sullo spirito dei ragazzi».
E da qui il ct riesce a dare tutto il peggio possibile in una serata allegra. Per esempio su Inzaghi e il suo arrivo in campo. Appena gli chiedono di Pippo non ha la faccia allegra. E si capisce perché: «Non vi dico niente delle mie intenzioni perché poi voi fate i sondaggi, fate i dibattiti televisivi nei quali si pronunciano cose irriferibili. Pippo è entrato subito, ha sfiorato un gol e alla fine marcato il 2 a 0. Sono contento per lui. Si è capito che non bisogna mai farsi prendere dall’ansia». La chiusura non è un inno all’azzurro che sventola sul pennone di Germania 2006. «Non m’interessa il passo avanti nel gioco, mi interessa il risultato del girone e la qualificazione, aggirando lo scoglio del Brasile. Fino al giorno prima sarebbe stato il massimo.

Ora mi godo questo gruppo molto unito che ha molto sofferto per raggiungere l’obiettivo» è la conclusione. Forse il ct dovrebbe godersi un po’ di più i momenti felici. Ma dalla vita, e dal viareggino, come si sa, non si può avere tutto.

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