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Liste d’attesa lunghe ed errori in corsia: i mali della sanità

Liste d’attesa record, stipendi d’oro per i top manager, inefficienze clamorose dei servizi ospedalieri. È lungo 30 pagine il Dossier dal titolo «Salute in rosso: dalla malasanità alla malagestione del servizio sanitario nel Lazio» reso pubblico ieri dal Codici, Centro diritti del cittadino.
Nell’indagine le cure sbagliate e l’inefficienza dei servizi occupano il primo posto. Sugli errori in corsia il Codici ha monitorato 1.900 sentenze del Tribunale civile di Roma dal 2001 al 2007. Cifre da bollettino di guerra. Gli errori più frequenti sono stati dei chirurghi (595), seguiti da odontoiatri (278), ortopedici (245), ginecologi (191), chirurghi estetici (181) e oculisti (93). Nel merito del giudizio, 434 sentenze hanno censurato la condotta omissiva, cioè la mancanza d’intervento del medico, 864 la condotta commissiva, cioè l’errore nelle cure. Il prezzo di questi sbagli, il più delle volte, è la salute che vola via per sempre, l’invalidità, la morte del paziente.
Tra le maggiori criticità riscontrate dal Codici spiccano i disservizi del 118. A Roma ci sono solo 200 ambulanze, mentre sono circa tremila le telefonate di soccorso che arrivano ogni giorno. Un dato, accusa il Codici, che viene di norma celato o ignorato. Attendere un’ora in più o in meno l’ambulanza equivale a fare la differenza fra la vita e la morte. Ad aggravare le cose, il traffico, la disorganizzazione nell’uso delle macchine, i pronto soccorso sempre in tilt. È accaduto giorni fa al San Camillo che 70 pazienti hanno atteso per ore un medico.
L’emergenza numero uno, però, è sempre quella delle liste di attesa per prestazioni diagnostiche urgenti e necessarie. Fra i casi più eclatanti, spiccano i 169 giorni per un’ecografia dell’addome all’ospedale Gentile da Fabriano, 222 per una mammografia al Sandro Pertini, 252 per una visita cardiologica all’ospedale di Ciampino. I dati si riferiscono a maggio 2010. «Anche fuori di Roma, però - dice il Codici - le cose non vanno meglio. All’ambulatorio ospedaliero di Terracina, ad esempio, occorre aspettare 270 giorni per un esame del bulbo oculare; a Civitacastellana 179 per un’ecografia del capo e del collo. Cosa ancora più grave, alcuni ospedali non rendono neppure noti i tempi di attesa sui siti web. Forse per nascondere attese oltre la decenza». Il taglio delle liste d’attesa, è notorio, figura ai primi posti nell’agenda della neo-presidente della Regione Renata Polverini.
Un altro posto d’eccellenza nel panorama della malasanità laziale è occupato dagli stipendi d’oro dei supermanager. A causa del deficit sanitario, - quello accumulato dal 2001 al 2008 sfiora gli 11 miliardi - il Lazio detiene il record in Italia del maggior disavanzo pro-capite: 2.036 euro a persona. Malgrado il sistema pubblico sia gravato dai debiti, però, i top manager continuano a percepire retribuzioni da marajà. «Lo stipendio lordo annuo dei direttori generali delle Asl - calcola il presidente del Codici, Ivano Giacomelli - si aggira in media sui 150mila euro, con punte che superano i 184mila euro».

Discorso analogo per i dirigenti, sui 110mila euro annui lordi, con punte oltre i 168mila euro. Anche su questo la Polverini prepara il machete. Due le proposte del Codici: taglio del 20 per cento, blocco dei premi in caso di sforamento del bilancio.

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