L'Italia degli spioni, le microspie dalla Polverini: spunta il giallo su una società di Claudio Lotito

I sindacati di una impresa di vigilanza che fa capo al patron laziale: strane incursioni nel palazzo della Regione. Dura la replica: "E' tutto regolare, sono pronto a denunciare"

L'Italia degli spioni, le microspie dalla Polverini:   
spunta il giallo su una società di Claudio Lotito

Microspie e veleni, il giallo del pezzo di carta che scotta. Trattasi di un documento lungo una pagina stilato dai sindacati dei vigilantes appartenenti a Cgil Cisl e Uil, ora in possesso della Digos incaricata di fare luce sulle microspie nell’ufficio del presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. L’esposto inviato per conoscenza anche alla Governatrice (la data è quella dell’8 marzo) dà conto di relazione di servizio redatta da alcuni vigilantes della società Roma Union Security, di cui Claudio Lotito patron della Lazio è socio di minoranza, che sovrintende la sicurezza del palazzo regionale in via Cristoforo Colombo a Roma.

Un documento che racconta di strane intrusioni notturne, di prelievi di chiavi dell’ufficio della Polverini, di ritorsioni nei confronti di chi non ha tenuto la bocca chiusa. Una relazione da prendere con le pinze, anche perché Lotito, rintracciato in tarda serata dal Giornale, lo definisce pieno «di inesattezze e falsità», scritto da qualcuno che «rischia seriamente di essere denunciato per calunnia perché arriva a trarre conclusioni senza sapere le cose come stanno». E come stanno le cose, Lotito lo dice subito dopo: «Io non dovrei neanche parlare perché dovrebbero parlare il presidente e l’amministratore. Comunque le cose stanno in questo modo: la società ha operato senza commettere alcun reato. E’ tutto regolare, re-go-la-re, regolarissimo. Se dico così è perché so quel che dico. Piuttosto bisogna chiedersi perché qualcuno è arrivato a scrivere certe cose.

E non è escluso che a qualcuno potrebbe presto essere contestato anche uno specifico reato». Roba d’intralcio alla giustizia. Lotito non fa mistero di essere pronto a denunciare chiunque arrivi a sostenere il contrario.
La triplice, nelle persone di Lisi, Brinati e Ariodante, racconta quanto appreso da alcuni dipendenti della Roma Union Security che il 3 marzo e il 18 marzo scorso sarebbero stati testimoni (il condizionale è d’obbligo) di «fatti che richiedono sia fatta la necessaria chiarezza». In quei due giorni, sempre intorno alle ore 23, a leggere la nota dei sindacati, nella sede della Regione si sarebbero presentati alcuni funzionari dell’istituto di vigilanza «i quali ordinavano a tutte le G.P.G. in servizio di abbandonare le proprie postazioni, di non effettuare i previsti giri periodici di controllo e di radunarsi al pian terreno dello stabile» dove sarebbero rimasti per tre ore.

«Nel contempo» – scrivono sempre i sindacati – i due funzionari «facevano accedere nei locali della Regione Lazio, con un automezzo aziendale, quattro persone sconosciute ed in borghese, prelevavano le chiavi degli uffici tra cui la chiave della presidenza, vi accedevano e vi si trattenevano per oltre due ore e quaranta minuti. Successivamente venivano riposte le chiavi degli uffici “visionati” fra cui quello della presidenza e (i due funzionari, ndr) accompagnavano le quattro persone in borghese fuori degli uffici della Regione Lazio, liberavano le G.P.G. in servizio che fino a quel momento erano state trattenute all’interno della reception, ordinando loro di riprendere le proprie postazioni ed effettuare i residui giri di controllo, senza fare menzione a nessuno dell’accaduto». A detta dei sindacati, una volta venuta a conoscenza dell’esposto, la società avrebbe reagito «trasferendo ad altri servizi al di fuori dell’appalto della Regione Lazio» coloro che non avevano rispettato la consegna al silenzio.

Accuse gravissime, sottolineate da riferimenti velenosi al Laziogate di Storace e alla conoscenza «dei fatti sopra esposti» da parte dei «vertici aziendali». Accuse rispedite duramente al mittente da un pirotecnico Lotito che al Giornale s’è mostrato sin troppo sicuro della «correttezza comportamentale» della società di vigilanza: «Le cose o sono legittime o sono illegittime.

Se sono regolari vuol dire che allora c’è qualcuno che sta commettendo un reato, che sta intralciando l’accertamento della verità da parte dell’autorità giudiziaria. Chi ha fatto quello che ha fatto era autorizzato a farlo, e mi fermo qui». Il presidente biancoceleste si morde la lingua. Non dice una parola di più. «C’è un’inchiesta in corso». Come dire, aspettate e vedrete.

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