Lite Perina-Meloni «La destra è qui» «No, è solo il Pdl»

Loro che son donne usano il termine rupture, per definire le bastonate fra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Il francesismo è più elegante, la sostanza non cambia. Perché è uno scontro fra due mondi, quello che, a partire dai due leader, sta coinvolgendo il Pdl, e in primis l’area degli ex An, divisi fra il Pdl del fare oggi senza se e senza ma, e il Pdl del fare futuro con tanti se e molti ma. Basta leggere Flavia Perina e Giorgia Meloni, entrambe cresciute a pane e Destra, per individuare il punto di non ritorno.
La prima a incominciare è stata la direttrice del Secolo d’Italia, che nell’editoriale di due giorni fa ha rivendicato per l’ala finiana, e per quella soltanto, la vera difesa dell’anima e della tradizione della destra: dalla legalità all’interesse nazionale, gli unici ad alzare la voce in difesa di quei valori sono i finiani, con tutti gli altri ex An a far «finta di niente» su tutte le «questioni più scomode». Giorgia Meloni compresa, là dove il ministro della Gioventù, secondo la Perina, rivendica la sua storia quasi come se Fini «ne fosse al di là o addirittura fuori», quando invece sono gli altri, quelli come lei, ad aver tradito gli ideali.
A Giorgia è presa la tristezza, a giudicare dal tono della risposta che ha affidato sempre alle colonne del Secolo. Era pure casa sua, l’house organ della fu An. Adesso che il trasloco nel Pdl è avvenuto, la Meloni tenta l’ultima mediazione. Fa mea culpa, «se c’è stata troppa poca destra in questi due anni, certamente ne sono responsabile». E però, avverte, il suo sistema di valori, la patria, la famiglia, la lotta alla mafia, «nel Pdl ha trovato casa». E se è di Destra che si parla, allora le politiche del governo, dagli ammortizzatori sociali ai precari alla tempestività degli interventi nelle emergenze, dalla coerenza sui temi etici alle Comunità giovanili, sono state «molto di destra». Il punto allora è un altro, ed è il come stare in un partito per farlo crescere, avverte il ministro: «La libertà di dissentire sulle singole questioni non diventi libertà di dissentire sull’intera identità politica, perché la prima è prerogativa dei partiti veri, la seconda dei partiti finti».

Quanto alla rupture e a chi sta con chi, Meloni ammette di fare «una fatica bestiale a scindere la questione personale da quella politica». Lei, a bastonate o borsettate preferisce però «ricacciare indietro le lacrime, alzare lo sguardo, lavorare per ritrovare il filo di una storia comune. Io ci spero, io ci credo». Chissà se basta.

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