Politica

Live 8, beneficenza con rimborso spese

In questo momento, probabilmente i cantanti italiani sono lì che stanno discutendo gli ultimi dettagli del loro contratto per il maxiconcerto. Per il bene dell'Africa, naturalmente. All'estero hanno già tutti firmato: loro no. Loro, dopo essersi fatti pregare da Veltroni (per muovere l'ugola, è noto, bisogna avere il via libera di un potente diessino), adesso si fanno pregare pure dagli avvocati. A Londra e Parigi, tanto per dire, i cantanti si accontentano di un euro di compenso simbolico. A Roma, secondo quanto scrive Repubblica, bisogna aggiungere 5mila euro a titolo di «rimborso spese per il cantante medesimo e per il suo entourage». Evidentemente per essere buoni sui palchi d'Italia c'è bisogno di qualche incentivo in più.
Comunque non temete. O, meglio, temete: il grande evento ci sarà. Ormai ci siamo. Il Live 8 ci pioverà addosso con tutta la sua spessa coltre di melassa, Bono, Jovanotti e buonismo rock. Ma date queste premesse c'è da chiedersi se non potevamo risparmiarcelo. Poi c'è pure da chiedersi a chi gioverà: ai bambini dell'Africa? A chi soffre la fame? Agli operatori umanitari che rischiano la vita in prima linea? Oppure soltanto a qualche cantante che così si fa pubblicità? E all'organizzatore Bob Geldof, che sui grandi eventi di questo genere si è costruito un altrimenti inesistente carriera?
Abbiamo smesso di credere ai grandi concerti benefici da tempo. Almeno da quando abbiamo visto i soldi raccolti dalla maxi-kermesse per l'11 settembre, quella con Bruce Springsteen, Cindy Crawford, Robert De Niro e Tom Cruise, dissipati per finanziare ricerche costose quanto ridicole, da «Effetti degli attacchi sulle condizioni di salute della donna incinta» e «Come orientarsi nel nuovo paesaggio di Manhattan». O forse abbiamo smesso di crederci anche da prima. Del resto anche in Italia abbiamo avuto esempi luminosi: i soldi raccolti con una partita di calcio per le vittime di Linate, per esempio, sono andati a finanziare società sportive di professionisti. E persino i proventi delle mega-iniziative di Luciano Pavarotti sono spesso finiti in costruzioni inutili, iniziative sbagliate, cattedrali nel deserto. Quando non si sono persi prima dentro i mille rivoli delle spese di rappresentanza, dallo smoking al calciobalilla del maestro.
Questo per dire che diffidiamo di tutte le iniziative genericamente benefiche. I ricchi fanno la beneficenza, ma anche la beneficenza fa i ricchi, diceva G.B. Shaw. E Vilfredo Pareto insegnava: «Quando ci si dichiara solidali con altri è generalmente per prendergli qualcosa». Quando poi le iniziative benefiche non sono nemmeno rivolte a raccogliere soldi, come in questo caso, ma vogliono parlare ai «Grandi della Terra», cioè al G8, e pretendono di distribuire messaggi politici e universali promesse di umanitarismo a buon mercato, beh c'è da diffidare due volte.
Diffidate dunque. Epperò rassegnatevi. La macchina del business ormai s'è messa in moto. E dunque nelle prossime ore saremo sommersi dalle canzoni e dagli spot, musica e pubblicità. Tutti felici. I cantanti si rifaranno un po' d'immagine, le vendite dei loro dischi ne beneficeranno, Bob Geldof aggiungerà uno scalpo alla sua carriera di organizzatore, migliaia di giovani accorreranno contenti di poter ascoltare i loro idoli a buon mercato. E per una volta avranno anche l'impressione di aver fatto una cosa buona. Pensate che meraviglia: passeranno una bella serata e avranno pure messo a posto la coscienza.
Tutti felici, quindi. Tranne gli africani. È un dettaglio, s'intende. Ma per loro questo concerto non cambierà un piffero di nulla. Come ha scritto bene il consigliere delle Nazioni Unite, Jagdish Bhagwati, in un intervento pubblicato dal Corriere della Sera, a salvare l'Africa non sarà il rock, ma solo il mercato. Per esempio: basterebbe ridurre un po' i ricchi sussidi all'agricoltura europea per aiutare davvero molti Paesi poveri a uscire dalla loro povertà. Ma provate ad andare a dirlo sul palco del Live 8: vi guarderanno storto perché per loro, è chiaro, gli aiuti pubblici sono sacri e il libero scambio è un mostro da demonizzare.
E allora avanti: avanti con il buonismo oboli&chitarre, avanti con le prediche di Jovanotti, l'illuminazione di De Gregori. Avanti con Madonna, Sting e le nostre starlette viziate, che stanno lì a discutere per ore sul cavillo del contratto, l'ordine della scaletta, i cinquemila euro di rimborso spese per l'entourage. Interessati, a quanto pare, al richiamo di Veltroni più che a quello dei poveri. Al loro futuro, più che a quello dell'Africa. Pronti a riempire il palco di retorica contro gli Stati Uniti, il sistema del libero mercato, gli Otto Grandi e sempre lunga vita al Che. Ma solo perché fa spettacolo. La fame nel mondo, si sa, in genere si dimentica in fretta.

Non appena scocca l'ora del cocktail vip.

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