Londra risarcisce i terroristi per risparmiare sugli avvocati

LondraRisarcimenti milionari per salvare la faccia e ridurre le spese. In realtà è questo il duplice obiettivo che il governo britannico intende raggiungere offrendo un congruo risarcimento a sette uomini torturati nella prigione di Guantanamo ai tempi della Guerra del Golfo. Lo scandalo era scoppiato mesi fa quando un gruppo di ex detenuti della prigione speciale americana avevano deciso di trascinare in tribunale i servizi segreti americani e britannici, accusati d’essere coinvolti nelle torture cui i presunti terroristi erano sottoposti. Ieri, dall’ufficio del premier David Cameron è arrivato l’annuncio ufficiale ampiamente anticipato dai media nazionali. Il governo ha concluso un accordo extragiudiziale accettando di pagare profumatamente i querelanti pur di chiudere legalmente il caso per sempre e aprendo nel contempo l’inchiesta indipendente annunciata dal primo ministro in luglio. Il motivo addotto è quello della sicurezza nazionale.
In questo modo è evitata la diffusione di ulteriori notizie riservate che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza del Paese. Nel maggio scorso infatti un tribunale d’appello aveva decretato che il governo non avrebbe potuto servirsi di «prove segrete» per difendersi dalle accuse e in luglio l’Alta Corte aveva ordinato la pubblicazione di ben 50mila documenti relativi al caso.
Sono però in molti a sostenere che dietro la decisione dell’esecutivo si nascondano ragioni ben più opportunistiche. La prima: procedere con l’inchiesta e arrivare a un processo avrebbe provocato un aumento delle spese legali molto più alto di quanto sia il totale dei risarcimenti previsti allo stato attuale. Cameron sa bene di non poter chiedere ai contribuenti ulteriori sacrifici rispetto alle «lacrime e sangue» annunciati con il varo dell’ultimo piano d’austerity. Pagando gli ex detenuti a Guantanamo il premier britannico non fa quindi altro che tagliare ancora una volta la spesa pubblica. Inoltre, e siamo alla seconda ragione, salva l’immagine di un’intelligence fortemente compromessa da questo e altri scandali e allo stesso tempo quella dell’intera nazione. Ancora una volta infatti, con una decisione che non ha precedenti, la Gran Bretagna si mostra come il Paese tante volte descritto dallo stesso Cameron quando ancora si trovava all’opposizione: «Un Paese che crede nei diritti umani, nella giustizia, nella correttezza e nel rispetto della legge».
Secondo quanto rivelato ieri da alcuni giornali come il Guardian e l’Independent, per arrivare all’accordo finale sono state necessarie settimane di negoziati tra i legali del governo e gli avvocati della controparte. Dalla sentenza della Corte d’Appello in maggio, più di 60 legali governativi hanno trascorso mesi in un luogo segreto a consultare 500mila documenti riservati. Per il momento sull’importo totale esistono soltanto indiscrezioni. Il Guardian parla di circa 20 milioni di sterline di cui un milione spetterebbe a uno soltanto dei querelanti tra i quali vi sono sia cittadini britannici sia richiedenti asilo politico. Riferendo alla Camera dei Comuni ieri il ministro alla Giustizia Kenneth Clarke ha confermato che i dettagli dell’accordo rimarranno confidenziali. «L’unica alternativa ai risarcimenti - ha sottolineato il ministro - sarebbe stato un contenzioso molto lungo e estremamente costoso con un esito incerto.

Il governo non avrebbe potuto essere sicuro di essere in grado di difendere i propri dipartimenti e i servizi, senza compromettere la sicurezza nazionale. Il contenzioso sarebbe durato anni e sarebbe costato intorno ai 50-60 milioni di sterline». Di fronte a queste cifre, i 20 milioni prospettati dai media sembrano quasi un affare.

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