Roma

«Lucidi non voleva uccidere»

Non voleva provocare l’incidente. Passando col rosso in via Nomentana a una velocità folle per un incrocio come quello di viale Regina Margherita, Stefano Lucidi il 22 maggio del 2008 non voleva uccidere nessuno. Eppure stroncò la vita a due giovani fidanzati in motorino, Alessio Giuliani e Flaminia Giordani.
Con queste motivazioni lo scorso 18 febbraio la Cassazione ha confermato all’imputato la condanna a 5 anni di reclusione, così come stabilito in appello, anziché a 10 anni, come deciso dai giudici di primo grado. Gli unici, questi ultimi, a ritenere Lucidi (che assumeva cocaina e per questo gli era stata tolta la patente) responsabile di omicidio volontario con una decisione coraggiosa e acclamata, ora sconfessata dalla Cassazione, alla quale la Procura generale, nel suo ricorso, aveva chiesto di porre un «innovativo sigillo», «travolgendo il modello giovanile della cultura della morte e riaffermando il principio della sacralità della vita». Nessuna condanna esemplare, invece, ma il rispetto del «principio di legalità» innanzitutto. Ecco perchè gli ermellini hanno scelto la pena più mite pur davanti ad un fatto di tale gravità. Secondo la quarta sezione penale in questo caso non è possibile contestare il dolo eventuale, che «sussiste invece quando l’agente accetta il rischio che quell’evento si verifichi come risultato della sua condotta, comportandosi di conseguenza, anche a costo di determinarlo». Cosa diversa è la «colpa cosciente», aggravata dalla previsione dell’evento: in questo caso l’agente, pur rappresentandosi l’evento come possibile risultato della sua condotta, agisce tuttavia nella previsione e prospettazione che esso non si verifichi». Una configurazione del reato che meglio calzerebbe al caso in questione. Questo perché i giudici hanno tenuto in considerazione la testimonianza di Valentina Giordano. La ragazza con la quale Lucidi stava litigando in macchina, infatti, ha raccontato al pm che l’imputato al momento dell’investimento dimostrò sorpresa e stupore. La prova che non c’era in lui la volontà di provocare un incidente.
Sconcertato dalle motivazioni l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi: «Questa sentenza - sostiene il legale di parte civile - scava un solco insanabile fra la sensibilità della gente comune e la giustizia. È grottesco sostenere che non ci fu la volontarietà dell’omicidio solo perché Lucidi non ebbe a prevederlo. Decenni di giurisprudenza della stessa Cassazione insegnano che la previsione dell’evento deve essere ragionevole: in questo caso è inverosimile ritenere che le modalità di quella condotta potessero non comportare la più che concreta prevedibilità dell’evento». L’avvocato Gianmarco Cesari, legale dell’associazione italiana familiari e vittime della strada, ha annunciato che ricorrerà alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Anche il sindaco Gianni Alemanno ha espresso «una grande amarezza».

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