Il Museo di Sant'Agostino si arricchisce di un nuovo percorso, «Da Bisanzio al Rinascimento», nuova Sezione permanente di pittura medievale su tavola, che al primo piano nel Chiostro triangolare, utilizza le celle dei monaci.
Un percorso di grande interesse su tre livelli. Il primo riguarda la fruizione estetica. Con ammirato stupore incontriamo la «Madonna di Pera» che dal quartiere genovese di Bisanzio (Istanbul) arrivò a Genova nel 1466. La città, difesa da bizantini, genovesi e veneziani, cadde nel 1453 in mano ai Turchi: era la fine dell'Impero Romano d'Oriente.
A fianco della «Madonna di Pera» troviamo la «Madonna con Bambino tra S. Caterina d'Alessandria e S. Nicola di Bari» (di cui un particolare è logo dell'esposizione) di Barnaba da Modena.
L'accostamento non è casuale, il linguaggio giottesco del pittore, in Liguria nella seconda metà del Trecento, si colora di goticismo bizantino. Ma Barnaba porta anche le dolcezze del chiaro-scuro padano che nel Quattrocento si presentarono con il bresciano Vincenzo Foppa, maestro di pittori che lasciarono impronta in Chiese e palazzi liguri.
I suoi affreschi a Genova nella Cappella di S. Giovanni in S. Lorenzo e nel Polittico Spinola in S. Domenico sono perduti.
Nella seconda sala il percorso presenta le «Madonne» di Tomaso Biazaci e di Leonardo da Pavia (tanti gli artisti lombardi «calamitati» dalla ligure terra).
Allo sfondo di questo dipinto che appare piastrellato fa da riscontro un fregio simile, di azulejos. Inizia così, per coinvolgere gli spettatori, l'affascinante «gioco» di chi ha studiato e allestito: Adelmo Taddei, direttore del Museo, e Elisabetta Agostini.
Nella sala successiva, un corridoio sottolineato da capolavori pittorici, ai quali, girandosi all'indietro, fanno riscontro sculture coeve di argomento religioso, in marmo, in pietra del Promontorio e lignee: si apprezza così il livello dell'ambientazione d'epoca.
In fondo, tra la «Crocifissione» di Giovanni Mazone e quella del nizzardo Ludovico Brea (collaboratore del Foppa nel Polittico di S. Maria Castello a Savona) il Cristo ligneo della Cappella dei Caravana (1340) che l'allestirono nella Chiesa del Carmine.
Quindi altre quattro stanze, tra cui nella quarta il «Presepe» del novarese Luca Baudo. Anch'egli come altri in Liguria, tra cui l'anonimo Maestro dell'«Annunciazione» del Louvre, fu influenzato dal Foppa ed è un peccato che dell'iniziatore del Rinascimento lombardo nulla si possa apprezzare. Nel Presepe la sua influenza è evidente nella luce argentina dello sfondo propria dei Trecentisti lombardi.
Quindi la sala delle «Sculture», poi del «Comune Collezionista», infine quella dei «Grandi Formati» con l'«Ultima Cena» di Carlo Braccesco e il «Polittico di S. Colombano» per l'omonima Chiesa dell'Ospedale dei Cronici, attribuito a Nicolò da Voltri. Non mancherà di essere meta per le 46 comunità intitolate all'Evangelizzatore d'Europa, tra cui le non lontane S. Colombano al Lambro e Bobbio.
Una bella e colta esposizione per capire le nostre radici figurative del Quattro/Cinquecento con lezioni provenzali, fiamminghe, piemontesi, lombarde.
Quanto Genova fosse protagonista e centro culturale capace di attrarre grandi artisti - ed è il livello storico -, si può ascoltare da Michel Balard (29 aprile) per le Colonie genovesi (tra cui la «Romanie génoise») e da Ferdinando Bologna (28 maggio) per le «Rotte mediterranee dell'arte dal sec. XI al XV».
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