Il manager con il sitar nella Borsa

«Con il matrimonio combinato si getta un seme. Se il clima è buono germoglia, come è successo con mia moglie»

Il manager con il sitar nella Borsa

Nato a Calcutta, ma cresciuto a Bombay, Ashanka Sen riassume nella sua figura la storia dei genitori: ingegnere come il padre, musicista (suona il sitar) come la madre che è cantante. Laurea in ingegneria elettronica al prestigioso Institution of engineering and technology di Bombay, Master alla Bocconi, lavora nel settore finanziario. Ha suonato al Conservatorio di Milano, per il Dalai Lama a Gorizia e una sua canzone per bambini ha vinto lo Zecchino d'argento. «La disciplina che serve nella musica mi aiuta a trovare la concentrazione sul lavoro - racconta -. E d'altronde gli studi di ingegneria mi hanno consentito di comprendere meglio la musica poiché nel ritmo è presente una struttura matematica».
Quali sono le relazioni fra musica indiana e spiritualità?
«Studiare musica con un guru in India è un percorso spirituale. Il guru si prende cura del discepolo, il discepolo si impegna a obbedire al guru».
Come lei che per esibirsi in pubblico la prima volta ha chiesto il permesso del guru…
«Solo così la trasmissione del sapere diviene legittima e autentica, altrimenti si perde la tradizione, ognuno fa ciò che vuole e nasce la cultura pop».
Non le piace la cultura pop?
«Cerco di vederne gli aspetti positivi. Negli anni Sessanta l'India è stata una moda, ma poi molte persone, grazie alla scoperta della nostra spiritualità, hanno abbandonato le droghe e l'alcol».
Lei si è sposato con un matrimonio combinato. È d'accordo con chi dice che in Occidente prima nasce l'amore e poi viene il matrimonio, mentre in India nasce prima il matrimonio e poi viene l'amore?
«In essenza è così. Con il matrimonio si getta un seme: se le condizioni climatiche sono giuste, nasce la pianta, se no pazienza!»
Con sua moglie è nata la pianta?
«Sì, abbiamo scoperto che tante cose ci univano: l'amore per la musica, l'interesse per lo yoga. Solo i libri di Harry Potter ci dividono, ci litighiamo l'ultimo episodio».
Le piace fare il risk manager?
«Mi piace la matematica e nel mio lavoro studio l'andamento dei fondi di investimento attraverso l'applicazione di modelli statistici».
Perché ci sono tanti indiani bravi in matematica?
«Perché siamo tanti! E poi la religione indù abitua al pensiero, al ragionamento: gli episodi narrati nella nostra mitologia sono aperti a molte interpretazioni anche per via del sanscrito in cui una parola può avere significati diversi».
Dopo Londra e Singapore lei è approdato a Milano, perché?
«Per avventura. Ma oggi mi sento milanese e anche se la città è cambiata - più traffico, più caos - continuo ad amarla».
Altrove guadagnerebbe di più...
«Ma arriverei a sera troppo stremato per suonare il sitar.

Milano è una città dove puoi lavorare nella finanza e godere di un ritmo abbastanza tranquillo. I mezzi pubblici vanno, il traffico non si blocca».
Potrebbe tornare a Bombay…
«Sui treni di Bombay mi è capitato di viaggiare appeso fuori. Sopravvivere tre giorni laggiù è un'impresa».

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