Adesso ci verranno a rompere gli stivali con il solito birignao: ma noi non ceravamo, ma noi però condanniamo, noi non siamo la stessa cosa. Balle: i manifestanti che ieri a Roma, partecipando ad un guerrafondaio corteo della pace, hanno bruciato in effigie i soldati italiani scandendo il satanico «una cento mille Nassirya», fanno parte della maggioranza di governo e sono il governo Prodi. Quando noi prendiamo il caffè con i colleghi parlamentari della sinistra, diciamo così, normale, sono loro a mostrarci i contorcimenti, la sofferenza, la vergogna persino per dover stare insieme a teppisti della politica, traditori del loro Paese, nemici della pace.
Certo, adesso che è fatta, fioccano le prese di distanza: il celebre comico politico Oliviero Diliberto ha pronunciato una battuta che purtroppo non rimbalzerà sui palcoscenici delle suburre, come meriterebbe, quando ha dichiarato che questi slogan e questi gesti «danneggiano la causa palestinese». La causa palestinese? Che centra la causa palestinese? In realtà centra, perché così come la manifestazione per la pace era una manifestazione per la guerra (nella vergogna e nel disonore), la manifestazione per una pace fra Israele e i palestinesi era in realtà la solita bieca, lurida, turpe, nazicomunista manifestazione per la distruzione di Israele, in perfetta sintonia con lHitler di Teheran (grande amico di Prodi) i cui emissari avvertono gli israeliani che «è ormai ora di preparare le bare e i sacchi di plastica per i cadaveri».
Roma era ieri paralizzata dalla teppa. Troppa stima abbiamo per quel drappello di sparuti e ammutoliti riformisti, per non saper distinguere fra ciò che è nella tradizione democratica dellOccidente, e la teppa. Ma la teppa è teppa e loro ci ballano insieme, perché la teppa della sinistra è il loro pusher, il fornitore di voti. Quindi pagano il pusher con la moneta che quello chiede: libertà di teppa seguita da una serie di finte prese delle distanze.
Come possono prendere le distanze da coloro cui sono legati mani e piedi? Ieri lo spettacolo al teatro dell'Unione era perfetto: si metteva in scena la solita morte del cigno, cioè della decenza. Si partiva fingendo di credere che una marcia per la pace potesse inneggiare alla pace (una colossale bugia perché non esiste pace senza giustizia) sapendo perfettamente che si trattava invece di una marcia dell'odio, e poi quando è accaduto quel che era matematico che accadesse, ecco che il coro intona l'ipocrita «presa di distanza». Tutti dispiaciuti, tutti sorpresi? In realtà, tutti bugiardi e complici. Specialmente quelli che hanno provato il brivido dell'indecenza nel filo della schiena. A loro vogliamo chiedere: con quale coraggio sedete insieme in Parlamento, specialmente in Senato? Hanno più paura per la loro stabilità che per i rimorsi della loro coscienza.
La politica è una scienza più simile alla fisica meccanica che alla psicologia: ad azione corrisponde reazione, contano le quantità, i vuoti, i pieni. Quando la sinistra che fa finta di vestirsi con abiti socialdemocratici, se non addirittura - che Dio li perdoni - liberali, dovrebbe poi di conseguenza rinunciare, come ha fatto Schröder in Germania, ad accoppiarsi col demonio verde-rosso-no-global. Il demonio della sinistra nemica dell'Occidente, di Israele e della democrazia presenta poi i suoi conti ed esige il pagamento.
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