Viceministro Mantovano, conferma che i pacchi bomba alle ambasciate di Cile e Svizzera sono stati spediti dall’Italia?
«Sì, entrambi i plichi sono stati spediti dall’Italia. Sono pacchi abbastanza simili tra loro. Questa modalità di azione dell’area anarco-insurrezionalista non è un novità: il plico postale è un mezzo usato anche in altre circostanze, come la vicinanza con le feste di Natale che dilata l’eco mediatica. Un’iniziativa simile ebbe come destinatario nel 2003 l’allora presidente della commissione europea Romano Prodi. Anche l’individuazione degli obbiettivi non è un caso».
Perché la Svizzera?
«La Svizzera perché recentemente l’intensa collaborazione tra le magistrature ha portato all’arresto di alcuni anarchici insurrezionalisti».
E il Cile?
«Nel marzo del 2009 in Cile morì un anarchico, Maurizio Morales, mentre portava dell’esplosivo. Lui è entrato nel pantheon del movimento, mentre le autorità cilene sono state additate come cattive perché ritenute responsabili».
In Italia esiste quindi ancora un movimento anarco-insurrezionalista vivo e pericoloso?
«Si tratta di varie sigle che vengono di volta in volta individuate e la cui attività è tenuta attentamente sotto controllo dai servizi e dalla Digos».
Quanti sono gli anarcoinsurrezionalisti italiani?
«Parliamo di qualche centinaio di persone, le cui sigle sono grosso modo note come sono prevedibili gli obbiettivi».
Non però la pericolosità.
«Finora in Italia non c’è mai stato il morto, ma questo non deve far ritenere che si tratti di un fenomeno non eversivo di scarsa portata. Oggi uno dei due feriti ha riportato danni fisici molto seri. Poteva andare peggio, si tratta certamente di un realtà pericolosa. La modalità delle iniziative richiamano vicende accadute di recente in altri Paesi, a cominciare dalla Grecia».
Inizialmente si pensava a una spedizione proprio dalla Grecia.
«Questi gruppi comunicano tra loro, fanno parte di una rete abbastanza magmatica che si scambia informazioni».
Quali sono gli obbiettivi sensibili?
«I luoghi di interesse sono le carceri, i Cie (centri di pre-espulsione, ndr), poi c’è interesse per chi si occupa della riforma del mercato del lavoro».
Sono in allerta le anche sedi sindacali?
«Anche le sedi sindacali sono obbiettivi possibili, ma già da tempo è stata diramata un’allerta in questa direzione. Poi ci sono gli obbiettivi simbolici come appunto le ambasciate e siti di particolare interesse nazionale».
Perché gli anarco-insurrezionalisti si sono fatti vivi in questo momento?
«Il mondo dell’anarchismo insurrezionalista al proprio interno è molto diversificato. Come in tutte le realtà parcellizzate vi è una concorrenza. Gesta di questo tipo sono un segnale di esistenza in vita, quasi a dire: non dimenticatevi che ci siamo ancora. È poi un modo per reclutare, per annunciare messaggi a chi è pronto a fare il passo dall’antagonismo all’eversione».
Il riattivarsi degli anarchici europei può essere un modo per cercare reclute nelle ali estreme dei movimenti studenteschi?
«Dalle indagini non risultano legami, immaginare un collateralismo è sbagliato».
C’è un collegamento tra questi pacchi bomba e l’ordigno trovato nella metropolitana di Roma?
«Aspettiamo l’esito degli accertamenti. L’episodio della metropolitana non è un fatto lieve».
Una bomba senza innesco, si è detto.
«Non ci si deve consolare per il fatto che quella bomba non sarebbe esplosa, perché quando si vuole far esplodere un ordigno c’è chi porta la bomba e chi porta l’innesco... Detto questo, le ipotesi sono le più varie e aspettiamo gli accertamenti».
Lo stato di allerta alle ambasciate può bastare?
«Le ambasciate mostrano di avere il massimo dell’attenzione, lo si capisce dalle segnalazioni che inviano alle nostre forze di polizia.
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