Roberto Scafuri
da Roma
La Telecom, intesa come rete mobile e relative bollette dei cellulari, stavolta con i prodiani ci ha fatto affari doro, tale e tanta è stata la mole di telefonate, sms, mms e quantaltro intercorsa negli ultimi due giorni (notti comprese) fra gli stati maggiori della Margherita, i loro portavoce, i portaborse, i capatàz di ogni ordine e grado. Alla fine di tanta frenesia - questa sarebbe la notizia - laccordo tra i Dl è stato raggiunto e lo scandalo dei tesseramenti gonfiati in vista del prossimo congresso della Margherita sedato.
«Francamente tutto questo è poco interessante», aveva detto il rutelliano Ermete Realacci laltro giorno, in un bagliore di verità. Ed è lecito chiedersi il perché di tanto nervosismo, riguardando la contesa un partito che andrà a confluire in un altro assieme ai Ds. Qui cè però la spiegazione: il futuro Partito democratico taglierà drasticamente gli apparati, e chi vuol tentare di salvarsi deve necessariamente risultare forte al prossimo congresso di primavera, anche (e soprattutto) se esso dovesse risultare lultimo della Margherita. Di qui lo scandalo di tesseramenti cresciuti negli ultimi cinque anni del 70 per cento mentre il partito perdeva il 30 per cento dei voti. Con punte clamorose a Torino (in tre anni il doppio degli iscritti a fronte della perdita di 70mila voti) e di Roma (consensi dimezzati, tessere triplicate). Cè qualcosa che non torna, e bene hanno fatto i prodiani a utilizzare lo scandalo per chiedere rigore, trasparenza e correttezza. Visto che a gestire lorganizzazione in questi anni sono stati i «mariniani» (da Franco Marini a Nicodemo Oliviero), in alleanza con i rutelliani.
Questo spiega perché Rosy Bindi sia rimasta comunque delusa, pretendendo l«azzeramento delle tessere». E lo stesso Arturo Parisi un po abbacchiato abbia plaudito allaccordo in questi termini: «La battaglia prosegue». A convincerlo che non si poteva andare alla rottura completa con la maggioranza del partito è stato lo stesso Romano Prodi che, a cavallo delle tre riunioni di ieri, ha dato il via libera. Anche perché la composita minoranza ulivista si stava dividendo tra coloro che possono contare soltanto sul traino mediatico del Capo (tra questi Parisi) e quelli che hanno un certo radicamento territoriale (Bordon, Magistrelli, DAmico, eccetera).
Quali sono le regole sottoscritte allunanimità dopo due giorni di travaglio? Sostanzialmente, ma chi si fida è perduto, si prevede che ai precongressi non sia esclusa la presentazione di più mozioni contrapposte. Ognuna, si può scommettere, di sostegno al «Pd»: visto però che fino a primavera tutto può accadere, conservarsi un po di mani libere dal prodismo imperante era e resta un obiettivo di Rutelli e Marini. Larma di una mozione «iperulivista», utilizzata più volte da Parisi nel corso delle trattative, viene conservata, anche se Rutelli dice di «confidare nella mozione unitaria».
Nel politichese spinto della Margherita, vuol dire che, in cambio dellunitarietà, Parisi dovrebbe riuscire a spuntare, tra marchingegni regionali e nazionali, una quota di rappresentanza compresa tra il 13 e il 18% (nel passato era stabilita dimperio al 20). Insomma, superiore al 9% minacciato da Rutelli. Gli uomini di Prodi e Parisi portano a casa anche la promessa di una «gestione più collegiale», fatta da Rutelli, e potranno così tenere il mirino puntato sulla legalità nel partito, così gravemente compromessa dalla vicenda del tesseramento. Non sono certo i 101 dirigenti deferiti ai probiviri da Rutelli a far ritenere che lopera di pulizia sia finita e che non ci sia più del «marcio in Danimarca». Come si è sfogato Natale DAmico laltra sera, non si capisce ancora quante siano le tessere fasulle (laccordo siglato supera il problema stabilendo che possono votare solo persone con carta didentità alla mano).
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