Marrazzo chiede otto mesi di appello

I 5 «NODI» Il presidente regionale si gioca la ricandidatura su Alitalia e Fiumicino, il «caso» San Giacomo, l’Irbm di Pomezia, Banca Impresa Lazio e la Pontina-bis

Marrazzo chiede otto mesi di appello

La crisi? È come il terrorismo, come quei terribili anni di piombo. E come allora per vincere, oggi c’è bisogno di ritrovare una nuova coesione nazionale. Il presidente della regione Lazio Piero Marrazzo si appella così a una rinnovata «solidarietà nazionale» per superare quello che ha definito un vero e proprio «tsunami» economico-finanziaro. Marrazzo ha scelto il pulpito dell’Auditorium del parco della musica per presentare i suoi 39 punti anti-crisi (il cosiddetto patto “Il futuro oltre la crisi»), derivanti dal famoso accordo del maggio scorso con Cgil, Cisl e Uil.
Una sorta di ultimo appello per raccogliere quei consensi necessari per una ricandidatura che al momento appare quanto mai incerta. Troppi i punti neri di un programma che affronta la crisi regalando tante speranze e poche certezze. Del resto lui stesso parla dei nodi irrisolti che sanciranno probabilmente la fine della sua permanenza alla Pisana: la questione-Alitalia e dell’Hub di Fiumicino; la riapertura del San Giacomo; il salvataggio dell’Irbm di Pomezia; l’operato di Banca Impresa Lazio e la realizzazione della Pontina bis. Cinque punti che toccano cinque settori vitali per l’economia regionale e non solo: economia e turismo, sanità, industria, credito e infrastrutture. Cinque «buchi» che hanno per coperchio la voragine del deficit-sanità, che secondo il governatore del Lazio, nonchè commissario straordinario della sanità, sarebbe stato «dimezzato» ma che resta su livelli... lunari tanto per restare su temi di attualità.
Marrazzo è in difficoltà, lo sa e non si nasconde. Lui stesso afferma che «non si può essere uomini buoni per tutte le stagioni, e io so di non esserlo: il mio banco di prova saranno i prossimi otto mesi». Si sento isolato da un Pd che non vuole appoggiarlo ancora, soprattutto la parte che si rifà a Franceschini («Voterò Bersani, ha infatti detto Marrazzo). Il presidente regionale cerca di affidarsi alle cose realizzate e in corso di realizzazione (il reddito minimo, i fondi per il microcredito, la cig anticipata per i lavoratori delle aziende in crisi, la banda larga per il 95% del territirio, l’aumento degli asili nido, il piano Marshall per le rsa con mille posti di residenze per anziani entro fine anno, i pagamenti ai fornitori in 180 giorni) ma sa che non basteranno a regalargli nuova fiducia. Ed ecco allora l’idea della grande coesione, del tutti insieme appassionatamente.
E mentre da alcuni esponenti del centrosinistra (Astorre, Carella, Lucherini, D’Amato) arrivano plausi per un discorso di «alto profilo», dalle file dell’opposizione fioccano vere e proprie bordate. Il capogruppo Sr alla regione, Donato Robilotta, accusa Marrazzo di non dire il vero sul deficit della sanità e contesta le cifre ufficiali; Fabio Desideri (Pdl) parla di «tentativo del Pd di rottamazione politica di Marrazzo, i cui consensi sono ormai in caduta libera»; il vicepresidente del consiglio regionale Bruno Prestagiovanni (Pdl) parla di «soliloquio del presidente regionale»; Massimiliano Maselli, consigliere regionale Pdl, rinnova l’affermazione di una «gestione fallimentare, all’insegna degli slogan televisivi». Insomma, l’accusa è di non essere stato tra la gente e con la gente per valutarne problemi e richieste.

Cosa che fece invece molto bene quattro anni fa e che gli valse il successo contro Francesco Storace. Ma quel Marrazzo lì è ormai lontano parente dell’attuale Governatore che chiede una prova di appello al suo operato. Troppo tardi ormai.

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