nostro inviato a Como
Le passerelle dovranno attendere. E le comparsate tv pure. Cancellata la serata danzante all’Hollywood, tempio meneghino di presenzialisti, modelle e bella vita che si vorrebbe. Avrebbe dovuto andarci ieri sera, con un paio d’amici. I biglietti li aveva chiesti al suo partner d’affari Fabrizio Corona.
Dovrà provare a ballare, invece, in una stanzetta di cinque metri per cinque, Azouz Marzouk. Ieri all’alba, mentre tornava a casa nel «suo» paesello della Brianza, lo hanno ammanettato. Proprio lui, il signor «nessuno» trasformato in divo dalla tragedia, col suo sorriso triste ma sempre un po’ beffardo capace di bucare lo schermo. L’uomo che ricorda moglie e figlioletto massacrati senza mai piangere, ma che il futuro, ancor prima dei funerali, lo progetta dipinto di celebrità. «Meglio il mondo dello spettacolo che quello della fabbrica a 1.200 euro al mese», aveva appena finito di dire, settimana scorsa, in un sonnacchioso programma mattutino per casalinghe.
Gli uomini della Guardia di Finanza lo attendevano al varco con un ordine di custodia cautelare, a firma del gip Luciano Storace, lungo seicento pagine. Accusa: traffico internazionale di stupefacenti, un giro da 250mila euro l’anno, con centinaia di clienti. Già, ancora una volta la droga. Proprio come quando l’avevano pizzicato la prima volta nel 2005. Polvere, come i suoi sogni di sabbia scivolatigli ora tra le dita. Dicembre è un mese nero per questo trentaseienne tunisino. Un anno fa, uno spazzino e la moglie, suoi vicini di casa, gli sterminarono la famiglia. La strage di Erba, chi non ricorda? Quattro morti: la moglie di Azouz, il bimbo di due anni e mezzo, la suocera, e un’inquilina della palazzina intervenuta alle grida. Unico superstite, ferito gravemente, il marito di quest’ultima.
«Io non c’entro. Non ha senso che commetta questi reati perché ho la possibilità di guadagnarmi da vivere», si giustifica ora, un po’ incredulo, davanti al suo avvocato Roberto Tropenscovino.
Lui lo ha incontrato durante una sosta nella caserma delle Fiamme gialle di Erba. Prima che lo trasferissero nel carcere di Vigevano, dove ha rifiutato pranzo e cena continuando a proclamarsi innocente. «Nonostante tutto Azouz è sereno. Quello che lo preoccupa è la portata dell’indagine. Si parla di grossi traffici, tante sono le persone coinvolte, e nei prossimi giorni potrebbero esserci altre novità... Io però gli credo. Non avendo dove andare a vivere abitava con alcuni parenti e amici che avrebbero continuato a fare quell’attività con cui lui ha chiuso da anni». Con Marzouk sono finite dietro le sbarre un’altra decine di persone. Tra queste il fratello Fahmi, il cugino Bohren Ben Amor Hamdi e Wafa, moglie di Salem, un altro suo fratello attualmente ai domiciliari in patria. Insomma una rete di narcotrafficanti, stando all’accusa, «made in Tunisia».
Quando è stato bloccato, dopo la notte in bianco, Azouz era comunque pulito.
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